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Sansepolcro: assolto Antonio Rodà dopo oltre tre anni di custodia cautelare

Scagionato da tutte le accuse, compresa l'associazione a delinquere di stampo mafioso

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Tre anni, tre mesi e 12 giorni di custodia cautelare, scontati nel carcere di Secondigliano a Napoli. Poi l’assoluzione piena dalla pesante accusa, per lui e per le altre cinque persone che avevano subito lo stesso provvedimento. E da venerdì scorso, 24 marzo, è tornato uomo libero a tutti gli effetti. Il protagonista di questa vicenda è Antonio Rodà (nella foto), 69 anni, originario di Bianco (Reggio Calabria) ma residente da una trentina di anni con la famiglia a Sansepolcro e di professione commerciante del settore florovivaistico con un esercizio ubicato nella vicina San Giustino Umbro. Era stato arrestato il 12 dicembre 2019 con i seguenti capi di imputazione: associazione a delinquere di stampo mafioso, interposizione fittizia di persona e altri reati. Rodà aveva avuto contatti con corregionali per motivi di lavoro e da ciò era scaturita una indagine per possibili collusioni con la ‘Ndrangheta: assieme a queste persone, lavorava nello stesso settore di attività (i fiori, appunto) ed era socio sia nella realizzazione della residenza sanitaria assistita di San Giustino che nell’Anghiari Residence (già Anghiari Hotel e Oliver Hotel), l’albergo dissequestrato mesi addietro - con revoca della confisca – perché i titolari sono risultati non appartenenti ad alcuna associazione mafiosa. L’attività imprenditoriale in comune aveva offerto lo spunto per l’indagine partita nel 2016 e Rodà si era trovato di fatto convolto per una questione di semplice frequentazione. L’operazione, denominata “Core Business”, era finita sulle pagine di cronaca di tutti i media nazionali: il Gp della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria aveva prodotto un’ordinanza cautelare di 367 pagine, corredata da 150 file video e da un migliaio di intercettazioni telefoniche; di qui il processo, concluso con anche Rodà scagionato perché il fatto non sussiste, relativamente all’interposizione fittizia. Per ciò che riguarda l’altro capo di accusa, non è stata provata la sua partecipazione all’associazione illegale, oltre ogni ragionevole dubbio. Il commerciante – difeso dagli avvocati Lucio Massimo Zanelli del Foro di Arezzo e Francesco Calabrese di Reggio Calabria, che hanno lavorato assieme al collega Mario Mazza di Locri, difensore dei coimputati – sta adesso valutando se vi siano le condizioni al fine di ottenere un indennizzo per ingiusta detenzione. Con l’assoluzione in massa degli individui finiti a processo, l’intera storia si chiude con un nulla di fatto e conferma - dopo il capitolo dell’Anghiari Residence, elemento di prova fondante – che non esistono nell’Aretino infiltrazioni di ‘Ndrangheta, almeno su questo versante. “Una sentenza che, seppure dopo un’attesa di tre anni abbondanti, mi restituisce dignità e fa giustizia – ha commentato Antonio Rodà – per cui adesso posso finalmente ritrovare l’affetto delle persone di casa e degli amici, nonché tornare a lavorare come ho sempre fatto. Un sentito ringraziamento ai miei familiari e alle persone della Valtiberina che mi conoscono, in particolare i sangiustinesi, che non mi hanno mai fatto mancare il loro apporto di natura sia morale, per sopportare i duri giorni della detenzione, che commerciale, per non aver voltato le spalle alla mia attività. Spero anche che ora sui social venga applicato il diritto all’oblio verso chi, dichiarato innocente, ha subito un procedimento penale”.          

La Nazione Arezzo
© Riproduzione riservata
31/03/2023 14:28:27


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