La superstrada E45: un arteria maledetta

Costruita per far vivere il sogno di Mussolini e Hitler
La superstrada E45 per certi versi è sempre stata una strada maledetta. Il16 settembre 1950, raccogliendo l’eredità del sogno di Mussolini e Hitler che volevano creare su questo tracciato la “Strada dell’Asse”, viene battezzata E7, ma nel 1975 è costretta a cambiare la denominazione in E45. Una sigla che, ancora oggi, la maggioranza degli italiani crede essere limitata a un solo tratto di tutta questa lunghissima striscia d’asfalto che in realtà ha origine addirittura al di là del Circolo Polare Artico e collega il mare di Barents con il Mediterraneo. La E45, infatti, ha le sue estremità molto più lontane dal Centro e dal Nord Italia. Ha la prima pietra miliare, il suo chilometro 0, in Norvegia, alle porte della cittadina di Alta. E l’ultima, dopo 5.190 chilometri, a Gela, in Sicilia. Non attraversa solo poche regioni dell’italico Stivale, ma ben 7 Paesi, molti dei quali li percorre perfino in tutta la loro lunghezza: Italia, Austria, Germania, Danimarca, Svezia, Finlandia e Norvegia. In realtà è un tracciato europeo, composto da più tratti di varie strade e cresciuto nella sua parte più settentrionale anno dopo anno fino a diventare, oggi, tra i più lunghi di tutto il continente europeo. Solo in Italia include l’A22 (dal Brennero a Modena); dell’A1 (da Modena a Bologna e da Orte a Napoli); l’A14 (da Bologna a Cesena); la Statale 3 Bis (tra Cesena e Terni); la Statale 675 (tra Terni e Orte); la A3 (tra Napoli e Villa San Giovanni - e ne potrebbe far parte anche l’ipotetico futuro Ponte di Messina); la A18 (tra Messina a Catania); la Tangenziale Ovest di Catania; la Statale 114 (Catania - Siracusa); e la Statale 115 (Siracusa - Gela). Una strada di grande importanza per la viabilità non solo italiana, ma di tutta l’Unione europea. E anche degli altri Paesi extra Ue del continente, visto che si interseca in più punti con altri tracciati europei. Dei 7 Paesi in cui transita, però, finora solo l’Italia non ne ha sfruttato in pieno le potenzialità, tranne che con un interporto creato alle porte di Verona. Un porto a Gela che costituisca un trampolino per il Mediterraneo, un ponte che eviti il traghettamento tra Reggio Calabria e Catania, una bretella a quattro corsie tra Orte e Civitavecchia sono, invece, ancora lì. Nel limbo. Il problema cronico della E45, quindi, è in Italia. E lo stato del tratto che va da Orte fino a Cesena ne costituisce la punta dell’iceberg. Proprio questa parte della E45 è martoriata dalle buche, da infrastrutture anacronistiche fin dalla loro realizzazione (il progetto di farne una quattrocorsie, per essere ultimato, ha impiegato più di 40 anni di lavori) e da un traffico impietoso di mezzi pesanti che, ogni giorno, rendono pericoloso il viaggio con qualsiasi mezzo. Una via crucis quotidiana, periodicamente segnata da incidenti anche gravissimi, che a metà degli anni ’90 finì per spingere una concessionaria perugina della Toyota a promuovere perfino un slogan, per commercializzare, un nuovo fuoristrada: “Nuovo Rav 4: adatto a tutti i terreni impegnativi, anche alla E45”.
Sergio Casagrande
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