Opinionisti Giorgio Ciofini

Ricordo di Giancarlo Felici

Lo chiamavano ‘l Culino, perch’ogni cosa che toccava la trasformava ‘n oro zecchino

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Era l’eccezione che conferma la regola, un aretino controcorrente e un grande uomo che ha sempre avuto nel cuore il bene comune e la sua città.

Ricordo di Giancarlo Felici

                Lo chiamavano ‘l Culino, perch’ogni cosa che toccava la trasformava ‘n oro zecchino, a’ tempi belli che frequentavo l’elementari di via Masaccio, il vecchio Mancini e il campo dei miracoli di Pinocchio. Veramente iù che ‘l mio, Giancarlo del Felici a l’epoca era amico del mi’ fratello, con Vinicio del Ciofini, che mi trasmise la passione della pesca al barbio co’ le scimmiette che non stavano n’Africa su’ l’alberi, ma sott’i sassi dei torrenti del Casentino. Con Sergio avevano fatto i geometri insieme e erano diventati amici di quelli che, per spiccicalli, ce vole l’acqua ragia e un basta. Quando Giancarlo e Vinicio sono diventati cognati, Sergio è armasto solo, anche se è uno che l’amici li moltiplica come Gesù i pesci, ma que’ due erano di quelli che un se trovon più. Il Felici a’ Rezzo lo conoscono tutti e non c’è alcun bisogno de straccare i sassi su’la quistione. Tutti sanno come l’Avemmaria e Padrenostro che li piacevano le disfide, che fece l’albitro, il tennista amateur, il presidente de l’Aia de’ qui e il rettore veramente magnifico a San Lorentino. Quand’ataccò il fischio al chiodo, la passione armase anche de più de prima, come capita a chi perde ‘l capo pe’ ‘na donna giovina da vecchio. Alla sua scuola crebbero il Bruni e ‘l Nicchi che, alto com’è, hanno piantato a fare il mitule nel pagliaio de l’Aia de là, che piglia foco una domenica si e una no anche s’ora, a reggere il pagliaio, ciàn misso ‘l Var a far più danni de la grandine, visto che lo pigiano come quando se faciva il vino ne’le botti. Ma son briachi o ce fanno? Pochi invece sanno che il Felici era n’inventore anche meglio del poro marito de’ la Bonicioli. Una volta progettò uno spogliatoio immaginifico, resuscitando un vagone ferroviario da ‘n binario morto, che servì l’Orciolaia per decenni e fece sognare i viaggiatori d’un tempo perduto chissandò. Quando ti ci spogliavi, o ti ci facevi la doccia, la fantasia correva a più non posso su’ binari vivi com’il ricordo e, ‘nun minuto, potevi arrivare in capo al mondo e anche fatte ‘n par de giri ne l’anelli di Saturno. Anche se non c’era ‘n anima a sonare il piano e a ballare durante le tempeste, quel treno era ‘n po’ come la nave di Novecento. Al Felici sarò eternamente grato di quel vagone che mi portò dapertutto, quando ero giovane e la vita e il sogno viaggiavano a braccetto, confondendosi senza limiti apparenti. Negli ultimi anni ha avuto ‘l coraggio d’Enrico Toti, anche se non ha mai lanciato la stampella, perché non s’era nel quindici-diciotto e perché, oramai, gli serviva per stare ritto. A un certo punto la fortuna glià presentato il conto e il Culino, a gli sgoccioli de’la storia, è andato dimolto in credito con la sorte. Ma chi l’ha conosciuto non pol dimenticare che, con Vinicio e ‘l mi’ fratello ai giometri, facevano ‘n trio che manco Gre-No-Li, i tre svedesi che mandarono in ballodole San Siro, quando ancora non era spuntata la stella del golden boy Gianni Rivera e baluginava a l’orizzonte il miraggio de l’anni sessanta. Se anche i miei furono favolosi com’oramai la storia ha certificato, dimolto fu grazie a que’ tre giometri ‘n erba, in anni ‘n cui non bisogna essere architetti per costruire castelli in aria su’le fondamenta della gioventù. Ora che Giancarlo non c’è più da qualche mese, ho ripescato questo ricordo dai miei cani, che se sentono com’in chiesa e abaiano e mugolano alla luna da quanto sono tristi.

Redazione
© Riproduzione riservata
22/04/2019 08:18:15

Giorgio Ciofini

Giorgio Ciofini è un giornalista laureato in lettere e filosofia, ha collaborato con Teletruria, la Nazione e il Corriere di Arezzo, è stato direttore della Biblioteca e del Museo dell'Accademia Etrusca di Cortona e della Biblioteca Città di Arezzo. E' stato direttore responsabile di varie riviste con carattere culturale, politico e sportivo. Ha pubblicato il Can da l'Agli, il Can di Betto e il Can de’ Svizzeri, in collaborazione con Vittorio Beoni, la Nostra Giostra e il Palio dell'Assunto.


Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.


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