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Juncker, frecciata a Macron: “Mai una risposta sulle riforme”

«L’avanzata degli euroscettici è anche colpa dei politici nazionali», dice

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L’avanzata dei partiti euroscettici «non è solo colpa dell’Europa, ma è dovuta anche alle politiche nazionali che non si sono dimostrate all’altezza». A pochi mesi dalla fine del suo mandato, Jean-Claude Juncker respinge nelle ventotto capitali tutte le accuse piovute su Bruxelles. L’Ue – insiste il capo della Commissione – «non può diventare sempre il capro espiatorio». Il lussemburghese lo dice alla vigilia del summit in programma domani a Sibiu, in Romania. Un vertice per definire il futuro dell’Unione europea, anche se in realtà la vera partita entrerà nel vivo dopo le elezioni del 23-26 maggio. I leader porteranno alcune idee per riformare l’Ue e ieri Juncker ha colto l’occasione per lanciare qualche frecciata a Emmanuel Macron, che ha messo sul tavolo trenta proposte. «Avete contato quante proposte di riforma ho fatto io? – ha detto seccato Juncker ai giornalisti che gli chiedevano un commento sulle iniziative dell’Eliseo –. E non ho ricevuto alcuna risposta dalla Francia». Una replica aspra, indice di un certo fastidio per l’eccessivo protagonismo del leader di En Marche. Venerdì i due si vedranno per un faccia a faccia a pranzo che probabilmente servirà a stemperare le tensioni. 

Tra i punti che dividono il presidente della Commissione e quello della République c’è per esempio la riforma di Schengen: Juncker vuole porre fine ai controlli alle frontiere, mentre Parigi punta a escludere dall’area di libera circolazione i Paesi che non accettano i migranti, ma soprattutto quelli che non fanno il loro dovere in termini di registrazioni e sorveglianza (Italia in primis). Ma, in vista delle elezioni, le divergenze riguardano anche il metodo per scegliere il successore di Juncker. Macron si è già detto contrario al sistema dello Spitzenkandidat (diventa presidente della Commissione il candidato capolista del primo partito), preferendo un accordo post-voto in Consiglio senza per forza tenere in considerazione i risultati dei singoli partiti. «Non sono riusciti la volta scorsa a uccidere questo metodo – sbotta Juncker – e non ci riusciranno neanche questa volta». Lui, per esempio, assicura il suo sostegno a Manfred Weber e sulle recenti dichiarazioni di Orban (che non vuole appoggiare il tedesco) liquida la faccenda con un «se la vedano tra di loro…». Il mandato di Juncker scade il 31 ottobre ed è dunque il momento di un bilancio personale. Compresi gli errori. Sul palco della sala stampa del Palazzo Berlaymont confessa i due più grandi.

Notizia e foto tratte da La Stampa
© Riproduzione riservata
09/05/2019 14:18:26


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