15 settembre 2020, Tuchan
Si fa presto a dire America… la campagna elettorale in USA si riscalda ed anche tanto
Un altro italo-americano, un trampista di nome Michael Caputo, assistente segretario per gli affari pubblici del Dipartimento della Sanita e dei Servizi Umani, ha invitato gli elettori del presidente Trump di tenersi pronti per una “insurrezione armata”. Dopo la vittoria di Trump, da lui data per scontata, il democratico Biden si rifiuterà di accettare la sconfitta. Non sorprende che l’ennesimo italo-americano plagiato dall’ideologia trumpista prenda una posizione improntata alla tracotanza del leader di quello che si è ormai rivelato un vero e proprio culto che non tiene in alcun conto gli interessi nazionali. Molti italo americani si sentono WASP (bianchi anglosassoni protestanti) a tutti gli effetti. Sono quindi nella stragrande maggioranza schierati dalla parte di quella che è sempre più una minoranza bianca trincerata dietro la difesa dei privilegi di una oligarchia che rifiuta ogni assimilazione e compartecipazione in un’America sempre più diversa. Vogliono preservare le loro posizioni di potere grazie ad una varietà di strumenti legislativi e di sotterfugi istituzionali negli stati, come quello del “jerrymandering” che manipola la composizione dei distretti elettorali a vantaggio della minoranza repubblicana. Ricordate quanto già detto? Trump è diventato presidente con 3 milioni di voti preferenziali in meno dell’altro candidato.
Non sottovalutiamo Caputo che ha affermato in una intervista, in cui prevede che Joe Biden perderà le elezioni ma non ne accetterà l’esito: “quando ciò avverrà’ nel giorno dell’inaugurazione, si comincerà a sparare”. Caputo non è il solo a lanciare oscure minacce di uno scontro con quello che Trump chiama “deep state” (lo stato profondo ossia occulto). Trump non perde occasione per attribuire al “deep state” le più fitte e fantasiose macchinazioni contro la sua amministrazione, dando fiato all’incessante diffondersi di orripilanti teorie di cospirazione propagate dai social media. La strategia della paura dilaga.
Obiettivo della campagna psicologica di Trump sono principalmente gli americani delle zone suburbane dove vivono elettori indipendenti con inclinazioni repubblicane, che votarono in gran numero per Trump nel 2016 ma non nel 2018. Trump accusa Biden di essere alleato con i
“Rivoltosi violenti”. Il messaggio è questo: il presidente è la linea di difesa tra l’anarchia e l’esigenza della “legge e ordine”. Trump pensa che sia una situazione “win-win” per lui - una partita in cui non può che vincere - perché’ se i disordini dovessero estinguersi, egli potrebbe rivendicare il merito di averlo imposto con una politica aggressiva, mentre nel caso in cui le violenze perdurassero, la sua narrativa di conflittualità’ dovuta a “dimostranti violenti” affiliati ai democratici e a Biden in articolare potrebbe garantirgli la rielezione.
La realtà della presente congiuntura è che un significativo settore tra i sostenitori di Biden è preoccupato dalle violenze su scala nazionale. In questo settore rientrano elettori bianchi e gli stessi neri e hispanici, al punto che secondo un recente rilevamento demoscopico il 44 per cento degli elettori pro-Biden considera i disordini urbani un “problema maggiore”. Gli elettori pro-Trump lo giudicano “maggiore” in ragione dell’83 per cento. Sullo sfondo, dichiarazioni come quelle del trumpista italo-americano (che ha consigliato ai cittadini di munirsi di armi da fuoco) adombrano il ben più grave pericolo di scontri armati, da non escludersi negli Stati Uniti, dove i cittadini sono già armati fino ai denti.
Di certo, infine, c’è la prospettiva di una furiosa battaglia legale all’indomani delle elezioni presidenziali. Il candidato democratico ha disposto la creazione di una vera e propria “war room”, con una legione di avvocati chiamati a sorvegliare lo svolgimento del voto, l’applicazione delle norme elettorali e le operazioni di spoglio dei suffragi. E’ scontato che il voto per posta riveste un’importanza senza precedenti nell’elezione del 3 Novembre, al punto che si preannuncia una messe di contese attorno all’autenticità delle firme che accompagnano le schede di elettori assenti, i cosiddetti “absentee ballots”.
Ed ancora, lo stesso Trump ha legittimato il voto postale per il suo stato di residenza, la Florida, che guarda caso è uno stato chiave. Infine, è inevitabile che lo spoglio dei voti postali richiederà molto più tempo che in passato con il risultato che all’indomani del 3 Novembre potrebbe verificarsi una situazione in cui non si conoscerà l’esito dei conteggi in un numero di stati tale da lasciare in sospeso il calcolo dei voti del Collegio Elettorale.
Conclusione, non credo che il 4 novembre sarà la conclusione di questa campagna elettorale, ma l’inizio d’una nuova imprevedibile situazione.
Ed io che abito a Tuchan in Languedoc che faccio? Conto di arrivare a Boston alla fine d’ottobre, voglio votare il 3 novembre. Un amico americano che abita in Provence ha deciso di rimanere, votera’ per posta, mi ha detto: “Meglio rimanere in Francia.”
Fausto Braganti
Fausto Braganti - Pensionato, attualmente residente nelle Corbieres (sud est della Francia, vicino a Perpignan). Nato e cresciuto a Sansepolcro. Dopo il liceo ha frequentato l’Università di Firenze, laureandosi in Scienze Politiche al Cesare Alfieri. Si è trasferito a Londra nel 1968, dove ha insegnato italiano all’Italian Center per poi andare a Boston negli Stati Uniti, dove ha lavorato per Alitalia per 27 anni con varie mansioni e in diverse città, sempre nel settore commerciale. Dopo Alitalia è rimasto nel campo turistico per altri 15 anni per promuovere l’Italia agli americani. Ha pubblicato un libro di memorie, “M’Arcordo…” sulla vita a Sansepolcro nel dopo guerra, ottenendo un discreto successo. Ama la Storia: studiarla, raccontarla e scriverla.
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