Tumori: contro leucemia una nuova cura genica, 86% di guarigioni
Lo studio clinico tutto italiano sviluppato nei laboratori della Fondazione Tettamanti
Una nuova cura contro la leucemia linfoblastica, basata sulla terapia genica, ha prodotto la scomparsa completa del tumore nell'86% dei pazienti sottoposti al trattamento. Questo il risultato di uno studio clinico multicentrico tutto italiano, sviluppato nei laboratori di ricerca della Fondazione Tettamanti, coordinato dal Centro di emato-oncologia pediatrica della Fondazione Monza e Brianza per il Bambino e la sua Mamma con la collaborazione dell'Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, pubblicato sulla rivista scientifica The Journal of Clinical Investigation. Nel dettaglio, si tratta di una nuova terapia genica che si basa su particolari cellule «Car-T» ottenute a partire dalle cellule T di donatori sani e chiamate cellule Carcik; queste vengono somministrate a pazienti pediatrici e adulti affetti da leucemia linfoblastica acuta che hanno avuto una recidiva dopo il trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche.
Le cellule «sono in grado - spiegano in una nota i ricercatori - di espandersi e persistere a lungo nell'organismo, e sono dotate di un attività antitumorale molto promettente, associata a un buon profilo di sicurezza. Infatti, fra i pazienti trattati con la dose più alta di queste cellule Car-T, quasi l'86% ha risposto al trattamento con una scomparsa completa del tumore». La ricerca vede come primi autori Chiara Magnani, ricercatrice della Fondazione Tettamanti e Giuseppe Gaipa, ricercatore della Fondazione Tettamanti e responsabile del Laboratorio di Terapia Cellulare e Genica Stefano Verri. L'intero studio è stato coordinato da Andrea Biondi, direttore della Clinica pediatrica dell'Università di Milano Bicocca e direttore scientifico della Fondazione Tettamanti, e da Alessandro Rambaldi, dell'Università degli studi di Milano e direttore del Dipartimento di ematologia e oncologia dell'Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo.
«I ricercatori - si legge - hanno testato quattro diversi dosaggi di cellule Carcik dirette contro l'antigene CD19 e hanno trattato in totale tredici pazienti con leucemia linfoblastica acuta a cellule B, di cui quattro pediatrici e nove adulti, con una singola somministrazione di tali cellule. I partecipanti erano stati già sottoposti senza successo a diverse linee di terapia e ad almeno un trapianto allogenico di cellule staminali, dopo il quale la malattia aveva recidivato. Si trattava, quindi, di soggetti molto compromessi e in uno stadio avanzato della malattia, per i quali non vi erano più altre opzioni terapeutiche disponibili». Dopo 4 settimane dall'infusione delle cellule Carcik, «sei dei sette pazienti trattati con le dosi più alte hanno raggiunto una remissione completa, cioè una scomparsa completa del tumore documentata dall'analisi dell'aspirato midollare; inoltre, cinque di essi hanno raggiunto la negatività della malattia minima residua». Questo parametro rappresenta la piccola quantità di cellule leucemiche che può rimanere nell'organismo del paziente dopo la terapia e che con il passare del tempo potrebbe portare a una recidiva della malattia. «La maggior parte dei pazienti che hanno risposto al trattamento con le cellule Carcik - spiegano ancora i ricercatori - era ancora in remissione dopo una media di 6 mesi dall'infusione e le cellule Carcik ad essi somministrate si sono espanse in modo robusto e hanno mostrato di persistere nell'organismo fino a 10 mesi».
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