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Biden: riforma della polizia e più tasse per chi guadagna oltre 400 mila dollari

Piano per le infrastrutture da 2,3 trilioni di dollari e quello per le famiglie da 1,8 trilioni

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«Dobbiamo provare che la democrazia funziona ancora. Che il nostro governo funziona, e noi possiamo soddisfare i bisogni del nostro popolo». E’ questo il messaggio centrale che il presidente Biden ha lanciato ieri sera nel suo primo discorso al Congresso, e vale tanto per le sfide che gli Stati Uniti devono affrontare nei loro confini, quanto per quelle internazionali. Perché le autocrazie stanno sfidando non solo il ruolo dell’America nel mondo, ma l’intero modello di vita occidentale, che dalla Seconda Guerra Mondiale in poi ha garantito pace, stabilità e prosperità alla maggior parte del pianeta, e certamente a noi europei. Questo confronto epocale si vince partendo dall’interno, e quindi costruendo un’economia inclusiva che risponda alle esigenze di tutti i cittadini, sconfigga i populismi, e rilanci la forza propulsiva degli Usa. Poi però è indispensabile allargare tale rinascimento democratico a tutti gli alleati, con cui bisogna lavorare insieme per vincere la sfida nel nome della democrazia.

Il capo della Casa Bianca ha cominciato quello che negli anni normali si chiama discorso sullo stato dell’Unione, vantando i risultati concreti ottenuti nei primi cento giorni di governo, cioè l’accelerazione dei vaccini che sta frenando il Covid, il pacchetto di stimoli economici per quasi due trilioni di dollari che stanno già arrivando nelle tasche dei cittadini, l’impegno a tagliare del 50% le emissioni di gas per tornare a guidare la lotta contro i cambiamenti climatici: «L’America si sta muovendo», ha detto con orgoglio Biden. Subito dopo però ha aggiunto: «Non possiamo fermarci qui».

Quindi è passato a spiegare gli obiettivi delle due grandi nuove iniziative che ha proposto, cioè il piano per le infrastrutture da 2,3 trilioni di dollari, e quello per le famiglie da 1,8 trilioni. In totale una spesa da oltre 4.000 miliardi, che non punta solo a ricostruire strade e ponti, rilanciare la crescita, o la ricerca scientifica essenziale per primeggiare nel futuro, ma intende trasformare la società americana rendendola più equa. Il presidente vuole garantire istruzione, asili per i bambini, salute, agevolazioni fiscali alla classe media e bassa, affinché finiscano le disuguaglianze che hanno alimentato i populismi, e tutti abbiano la possibilità di realizzare le loro potenzialità. Vuole finanziare i suoi programmi tassando chi guadagna più di 400.000 dollari all’anno, e le grandi aziende che non pagano imposte, proprio per riequilibrare il piano di gioco. Nello stesso tempo vuole affrontare il razzismo sistemico, riformare la polizia e l’immigrazione, per rendere più equa e stabile la società.

Tutto questo metterebbe gli Stati Uniti in condizione di vivere meglio all’interno dei propri confini, ma anche di affrontare con rinnovata forza le sfide globali, che vengono soprattutto dalle autocrazie come la Cina e la Russia. Questi regimi dicono che la democrazia non funziona più, perché la creazione del consenso è troppo lenta, mentre loro sono in grado di tenere il passo con i tempi: «Noi sappiamo che non è vero, ma gli Usa devono dimostrare nella pratica che hanno torto». Questo obiettivo si raggiunge prima rilanciando l’economia, la crescita, il benessere del proprio popolo, e poi allargando la stessa missione a tutti gli alleati: «Nessun paese, per quanto forte, può risolvere da solo tutte le crisi a cui ci troviamo di fronte, dalla proliferazione nucleare al terrorismo, dai cambiamenti climatici alle pandemie». Quindi la prima attenzione va riservata agli americani, perché sono loro che decidono le elezioni, e da loro bisogna partire per ricostruire. Ad esempio, ordinando a tutte le agenzie federali di usare i soldi pubblici solo per comprare "Made in Usa". Poi però sarà necessario allargare lo stesso benessere, e la stessa sensazione di efficacia della democrazia a tutto il mondo, ad esempio diventando «l’arsenale globale dei vaccini».

Dopo gli anni dell’isolazionismo trumpista, «i leader stranieri mi dicono che hanno notato il ritorno dell’America sulla scena globale, e ne sono contenti. Ma poi mi chiedono: fino a quando?». Ecco la domanda chiave, a cui il nuovo capo della Casa Bianca spera di dare questa riposta definitiva: «L’America è tornata per restare».

Notizia e foto tratte da La Stampa
© Riproduzione riservata
29/04/2021 19:30:51


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