Covid, "diminuita la materia grigia": lo studio degli effetti sul nostro cervello
Lo confermano gli esperti della Penn State College of Medicine
Oltre al contagio, chi ha contratto il coronavirus deve fare i conti con il "long Covid". Lo confermano gli esperti della Penn State College of Medicine, che hanno pubblicato su Jama Network Open una ricerca a dir poco preoccupante. I ricercatori hanno infatti preso in considerazione 57 report con i dati di 250.351 adulti e bambini non vaccinati e con diagnosi di Covid-19 da dicembre 2019 a marzo 2021. Tra quelli studiati, il 79 per cento è stato ricoverato in ospedale e la maggior parte dei pazienti (79 per cento) ha vissuto in Paesi ad alto reddito; 56 per cento uomini con età media di 54 anni. Risultato?
Più della metà soffre di affaticamento e dolori, circa uno su cinque lamenta una diminuzione della mobilità. E ancora: quasi uno su quattro fatica a concentrarsi, mentre quasi uno su tre ha iniziato a soffrire di ansia. Ma non è tutto, perché oltre alle anomalie polmonari, ai problemi cardiovascolari e quelli digestivi, i pazienti hanno riscontrato un altro problema: nei pazienti più gravemente colpiti la risonanza magnetica ha mostrato una riduzione della materia grigia.
Non sono esenti - è il risultato di uno studio Covid Next dell'Università di Brescia e dell'Istituto Neurologico Besta di Milano, pubblicato su Neurological Sciences - neppure i giovani, perché la riduzione di interazioni sociali ha comportato una perdita di tessuto cerebrale in aree come la corteccia prefrontale, quella coinvolta nei processi di controllo degli impulsi e delle emozioni. Il volume della materia grigia è diminuito significativamente in pazienti che ricevono l'ossigenoterapia confrontata ai pazienti che non ricevono l'ossigenoterapia. I risultati indicano dunque che il Covid-19 può pregiudicare la rete frontale-temporale con febbre o mancanza di ossigeno.
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