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Mondo Politica: intervista a Guido Galletti consigliere comunale a Pieve Santo Stefano

"Il consigliere di minoranza "scopre" le cose solo quando sono già avvenute"
Eletto consigliere comunale nel 2019 dopo essere stato candidato sindaco, Guido Galletti è l’unico rappresentante e quindi il capogruppo di “Azione Comune Pieve”, una delle due forze di minoranza a Pieve Santo Stefano, un po’ come aveva fatto a suo modo il padre, Aldo, oltre una ventina di anni fa. A lui il compito di commentare in questa intervista la situazione nel Comune pievano. E lo fa senza i classici peli sulla lingua.
Galletti, come si è rivelata e si sta rivelando per lei questa esperienza da consigliere comunale?
“L'esperienza di consigliere comunale sarebbe dovuta essere una opportunità per la maggioranza di potersi giovare di idee e pensieri anche fuori dal coro. Purtroppo così non è stato, perchè la mentalità della maggioranza è rimasta agli stereotipi del secolo scorso. Qualunque cosa possano dire i consiglieri di minoranza non viene mai - e dico mai - presa in considerazione. E questo a prescindere. La mia esperienza è pertanto da considerarsi negativa”.
Di fronte a una maggioranza compatta, che da anni garantisce continuità all’amministrazione comunale, cosa può fare un consigliere di opposizione, specie se poi si ritrova da solo a rappresentare un gruppo?
“Ho cercato di fare le pulci all'amministrazione, ho controllato spese, bilanci e quant'altro. Ho persino chiesto un accesso in sola lettura del protocollo che per legge mi spettava. La richiesta è stata più volte negata, fino a quando mi sono arreso. Purtroppo, il consigliere di minoranza "scopre" le cose solo quando sono già avvenute, quindi non mi è stato quasi mai possibile dare delle dritte al sindaco affinché si eliminassero sprechi o si firmassero contratti capestro. In ogni caso, con il mio impegno e le mie conoscenze della cosa pubblica e dei meccanismi che la regolano, ho consentito all'amministrazione di rivedere contratti, abbonamenti e quant'altro per ridurre ed efficientare le cose, per un importo di almeno 100 mila euro”.
Dopo due anni e mezzo di legislatura, quale valutazione esprime sull’operato dell’amministrazione comunale?
“L'amministrazione comunale si muove con un solo principio: "Adesso comandiamo noi e si fa così". Pieve è un Comune ricco e i suoi contribuenti sono pagatori. L'amministrazione vanta un attivo di cassa che supera il milione di euro, ma a nulla servono se non possono o non vogliono essere spesi. Tutto quello che viene fatto come lavori pubblici e progettazione è totalmente finanziato da fuori. E qui spezzo una lancia a favore del sindaco. Ha sicuramente molti amici sia in Provincia che in Regione, i quali avvertono quando è il momento di battere cassa... ”.
Su quale obiettivo Lei si batterà in particolare per Pieve Santo Stefano?
“Sono anni che mi batto per creare una comunità energetica a Pieve. Nel 2008, come responsabile dell'ufficio innovazione tecnologica dell'Unione dei Comuni, avevo presentato un progetto per dotare tutti i tetti pubblici del paesello di impianti fotovoltaici. Mai una risposta. L'ultima volta che ebbi a che dire in merito, Albano Bragagni mi disse che lui era per il nucleare. Mi sono battuto per anni, affinché si sostituissero tutti i corpi luminosi dell'illuminazione pubblica con i led, ma il cambiamento è avvenuto solo quando gli è parso il momento di farlo. A nulla sono serviti i conteggi sul risparmio annuo che puntualmente producevo... I pievani sono proprietari della rete del metano; anche in quel senso, ho più volte chiesto all'amministrazione di cercare di formare una società misto pubblico-privato per gestire il gas come un unico soggetto. Sono sempre stato deriso. Ho per il 2021 la velleità di aver creato un gas che si chiama "Gaspetti". Una sorta di “che aspetti ad entrare in un Gruppo di Acquisto Solidale”? Al momento siamo 9 soci. Il mondo è cambiato - per chi se ne sia accorto - e la nuova società che si sta creando dovrà avere parametri e scopi che vanno oltre l'interesse privato e l'egoismo del singolo. Mi adopererò per farlo capire”.
I tempi sono oramai maturi perché Pieve Santo Stefano entri all’interno dell’Unione dei Comuni?
“No, mi dispiace: avendoci lavorato venti anni, sono totalmente contrario all'Unione dei Comuni in qualunque forma. E' solo un inutile ente che serve a distribuire soldi pubblici ai Comuni; non c'è programmazione, non c'è progettazione. In tanti anni di servizio, se ho voluto realizzare progetti per la collettività ho sempre dovuto lottare contro tutto e tutti, ma non perché non avevo risorse: solo perché quel sindaco o l'altro non voleva, senza una plausibile motivazione. I sindaci sono rimasti al concetto feudale del Comune e non sono né preparati né predisposti alla cosa “Unione”. Ognuno vede solo nel proprio orticello. Quindi, dato che alla fine si sono solo complicate le cose per la gente, l'Unione non serve a nulla, se non a pagare stipendi più lauti agli amici degli amici che dai Comuni, spesso con incarichi da manager, sono approdati al palazzo di via San Giuseppe a Sansepolcro”.
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