L’Avato
Condividiamo fino ‘n fondo una passione e gli ultimi trent’anni di storia del Cavallino
Un amico e un valente giornalista di cui non ho capito l’infatuazione per Genesio cavallo vanesio. Andrea, perchè?
L’Avato
Per non far casino ‘ntanto, a’Rezzo, Lavato si scrive senza ‘postrofo e’ è sempre Lavato, stirato, profumato e firmato, come quando da ragazzi s’andava a’cattare al Principe co’la scusa di ballare. Ma se sei ‘n amico, poi chiamallo Andrea, senza bisogno alcuno di studiare la grammatica ‘taliana, l’apostrofi e la sincope che ti piglia, per scrivere giusto ‘l su’nome. E’ un sognatore di quelli ch’ancora crede che qualcuno giochi pe’la maglia, ‘n gobbo romantico che tifa Juve ma è un morattiano ‘nconsapevole, che s’affeziona ai giocatori e l’unico che venderebbe, col su’babbo, è De Martino. In quest’epoca di relativismo, ‘n cui i guadrini mandano l’acqua a’l’insù, lui ci crede. Con papa Francesco, praticamente sono armasti ‘n due. Bisogna dagnene atto. Siamo di generazioni diverse, d’indole differente, d’idee alternative, ma condividiamo fino ‘n fondo una passione e gli ultimi trent’anni di storia del Cavallino, da amici, da colleghi e da tifosi. Resta ‘n gobbo e si pronuncia Lavato, anche se per caso non fosse stirato, profumato e firmato, il che avverrà giusto quando l’Arezzo salirà ‘n serie A e si butterà ne’la fontana della Chimera ‘n piazza Stazione coi vistiti, microfono, telecamera e tutto e sarà più Lavato del solito. Le meglio citte de ‘Rezzo gli fanno ‘l filo da una vita, ma Lavato è armasto, stirato, profumato, firmato e signorino. Lui preferisce la partita e, de’sto passo, è dimolto più facile che l’Arezzo del sor Ferretti venga ripescato ‘n serie A, che Lavato ne ‘mpalmi qualcheduna. Unn’ s’ha lo stesso modo di guardare ‘l mondo e anche ‘l calcio, tant’è ch’è juventino e ‘n po’ berlusconeggia, ma ce s’ha a’le spalle trent’anni d’Arezzo ‘n comune, ‘na decina al Corriere. S’è urlato a’l’unisono ai gol d’Alberto Briaschi, di Bazzani, Battistini, Pilleddu, Spinesi, Floro, Raso e Sanguinetti e sono cose che non si dimenticano. L’avventure amaranto hanno scandito i nostri ultimi vent’anni, dolci e amari com’una canzone di Bennato. La passione per il vecchio Cavallino, ne’Lavato, viene prima di quella pe’la Juve e’ è cosa questa molto rara ne’la città di Mecènate le nane, tra colleghi co’la puzza sott’al naso e dal tifo tiepido come ‘na camomilla dimenticata di notte sul comodino, tra cui non manca qualch’esperto d’ippica. Da quand’ha messo su ‘n sito di botoli ringhiosi, spesso gli tocca fare l’acrobata com’a Roy il cane del Sugnaccio. Difficile non essere amici d’uno com’Andrea, se non scambi ‘n sasso ne’lo stagno delle nane pe‘n’uragano tipo quello di New Orleans. C’è ‘na cosa, però, che non ho mai capito di lui e dei su’ amici di O.A. che sarebbe l’Orgoglio Amaranto e Dio solo sa quanto ce n’è bisogno ‘n una città che, col vecchio Cavallino, da vent’anni in qua cià sempre fatto la Bologna. Dov’era questo Orgoglio quando Genesio ne faceva carne da macello? La storia estiva del ripescaggio del Cavallino resterà ‘n caso di scuola da citare come esempio perfetto d’autolesionismo, ma Genesio cavallo vanesio l’arsogno di notte quand’ho l’incubi. Dov’era finito allora l’orgoglio amaranto? Per me qualcuno l’aveva aciaccato, come ogni tanto capita co’le cose che ‘l can de Betto lascia pe’la via.
Giorgio Ciofini
Giorgio Ciofini è un giornalista laureato in lettere e filosofia, ha collaborato con Teletruria, la Nazione e il Corriere di Arezzo, è stato direttore della Biblioteca e del Museo dell'Accademia Etrusca di Cortona e della Biblioteca Città di Arezzo. E' stato direttore responsabile di varie riviste con carattere culturale, politico e sportivo. Ha pubblicato il Can da l'Agli, il Can di Betto e il Can de’ Svizzeri, in collaborazione con Vittorio Beoni, la Nostra Giostra e il Palio dell'Assunto.
Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.
Commenta per primo.