Walter Sabatini, il poeta dei diesse
Per noi resta quello in doppio petto e l’immancabile Marlboro dell’hotel Etrusco
Oggi è una celebrità, ma per noi resta quello in doppio petto e l’immancabile Marlboro dell’hotel Etrusco, quando Bovini comprò l’Arezzo ed era già il poeta dei diesse.
Walter Sabatini, il poeta dei diesse
Che ci fa, direte, un perugino ‘n una galleria tutt’aretina? Walter Sabatini è uno di quegli omini che non hanno patria e’ è ‘n unicum, come Tommaso Sgricci. Per questo merita un posto qui. Lo conobbi all’hotel Etrusco ‘n do’ faceva ‘l diesse a un presidente improbabile come Giovanni Bovini, uno ch’era fatto aposta per dar ragione a chi sostiene, che i nomi non si portano a caso. Aveva la stazza, lo sguardo e la mitezza di quel compagno prezioso dei nostri avi contadini, cui il Carducci dedicò una delle sue odi più famose: ”T’amo più bove e mite un sentimento…” Il vecchio Saba lo portava a spasso pei campi di calcio e lo teneva per il naso, com’i bovi. Elegantissimo, nel doppio petto scuro, le scarpe spirluccicanti, lo sguardo fiero e ‘l tono della voce baritonalmente aristocratico, l’immancabile Marlboro tra i labbri, pareva un lord de’la camera dei Pari, ch’era lì aposta per dare credibilità al re dei fumetti, un Giovannone senza terra, ch’aveva dedicato la sua casa editrice ai bambini e aveva adottato il Cavallino in agonia, quando il convento di frate Ciccio aveva finito anche le noci. Il vecchio Saba, con Bovini e Cosmi, fu la nostra triade, Dozzini a far d’Azzeccagarbugli co’l’erre moscia, come tutti l’avvocati che si rispettano, dal Bianconi a Gianni Agnelli. Ma la “vedette” di quell’Arezzo era lui, Walter Sabatini. Aveva un solo difetto, almeno ‘n questa terra medica, che fu del Granduca: era di Perugia, come tutta la triade, del resto. Targa Pg a parte, aveva in comune col mitico Serse la voce baritonale, che non usava per spiezzare ‘n due le gambe dei giocatori, ma per affatare l’interlocutori. Solo ‘n presidente come Bovini, poteva mettere insieme due baritoni così, da Scala del calcio. Potevano diventare le vedette del Metroplolitan, come Bocelli e Pavarotti, ma furon deviati dall’amore per il football e cantarono diversamente ne gli stadi d’Italia. Walter s’innamorò del calcio per Rivera, che faceva cantare ‘l pallone com’uno Stradivari. Se a que’ tempi fosse stato diesse e non calciatore, avrebbe messo sul lastrico il suo presidente, per comprare il Gianni nazionale che pure, per un altro Gianni, era ‘n abatino. Walter non fece gran carriera, perch’aveva l’istinto del diesse e già fumava quattro pacchetti di Marlboro al giorno. Oggi tutti l’osannano, proni a’le su’scarpe sempre lucidissime, avendolo scoperto nella Maggica. Meglio tardi che mai, ma grandi si nasce e Walter, per me, era già ‘n grande, quand’era a’Rezzo. Un segugio mezzo ‘ntellettuale come lui, non s’era mai visto tra i diesse. L’unicità di Walter Sabatini sta più ‘n alto del su’ fiuto proverbiale da can tartufo, sotto quei quattro peli ch’oramai gli son armasti ‘n capo e che, da tempo, gli disegnano una chierica d’altre vocazioni. Non per niente ora lo chiamano ‘l diesse di Dio. In questo calcio dove qualche Balottelli ha fatto la legge su’ la sicurezza negli stadi, i bu! razzisti e ‘lVar, in combutta con fair play allarrovescio, m’immagino quel negriero di Walter, ex trafficante di calciatori ‘n erba, esplodere in una risata delle sue, che “spiezzano” le idiozie dilaganti, di quelle che sa fare lui, Walter Sabatini, il poeta dei diesse.
Giorgio Ciofini
Giorgio Ciofini è un giornalista laureato in lettere e filosofia, ha collaborato con Teletruria, la Nazione e il Corriere di Arezzo, è stato direttore della Biblioteca e del Museo dell'Accademia Etrusca di Cortona e della Biblioteca Città di Arezzo. E' stato direttore responsabile di varie riviste con carattere culturale, politico e sportivo. Ha pubblicato il Can da l'Agli, il Can di Betto e il Can de’ Svizzeri, in collaborazione con Vittorio Beoni, la Nostra Giostra e il Palio dell'Assunto.
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