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Mondo Politica: intervista a Michela Botteghi, assessore a Città di Castello

"L’Anno Signorelliano lo abbiamo voluto celebrare insieme a tutta l'Alta Valle del Tevere"
All’interno della giunta comunale di Città di Castello è senza dubbio molto attiva. Peraltro, le celebrazioni dei 500 anni dalla morte di Luca Signorelli hanno ulteriormente aumentato la mole dei suoi impegni, ai quali fa fronte con serietà e grandi motivazioni. Michela Botteghi, avvocato nella vita professionale, è assessore a cultura e personale dell’amministrazione tifernate, dopo che per un breve periodo della precedente legislatura è stata titolare delle deleghe a servizi demografici, patrimonio, viabilità, partecipazione, polizia municipale, pari opportunità e di nuovo personale.
Assessore Botteghi, come stanno procedendo le celebrazioni dell’Anno Signorelliano?
“Lo abbiamo voluto celebrare insieme a tutta l’Alta Valle del Tevere; abbiamo firmato un protocollo d’intesa con gli otto Comuni della vallata, i 20 musei e la diocesi proprio per mettere in rete tutto ciò che Luca Signorelli ha lasciato nel nostro comprensorio, poiché lo si considera un museo all’aperto. Questo ha donato un consapevolezza maggiore ai nostri concittadini e ha dato una vera offerta culturale ai turisti, che si possono fermare non più per un solo giorno o per un pomeriggio nei nostri centri, ma oltre un fine settimana per poter visitare le 11 opere del Signorelli e della sua scuola. Dal 1° aprile fino a fine 2023 c’è un calendario condiviso fra i vari musei con cadenza settimanale: vi sono persone degli uffici dell’amministrazione e dei vari musei che hanno sottoscritto il protocollo e che si coordinano settimanalmente sugli eventi nell’uno e nell’altro sito museale o nella località di riferimento. È una bellissima occasione anche di condivisione culturale e amministrativa, in quanto abbiamo visto lavorare e collaborare per la prima volta Comuni, musei e diocesi in maniera continuativa e con risultati tangibili: in pinacoteca c’è stato un incremento di oltre il 50% dei visitatori, che hanno dichiarato di essere stati (o che sarebbero andati) negli altri musei per vedere le opere del Signorelli. Per ora, quindi, un bilancio assolutamente positivo; a tre mesi dalla realizzazione del progetto di vallata, entriamo nel “clou” culturale dell’Anno Signorelliano soprattutto a Città di Castello, perché abbiamo poi il restauro della pala di Santa Cecilia, è stata fatta la rievocazione storica nelle vie della città, è iniziata una mostra documentale alla biblioteca Carducci e vi saranno giornate di mostre fotografiche e giornate di studi e concerti”.
Il restauro del dipinto di Raffaellino del Colle e l’operazione di prestito è la dimostrazione dei rapporti sempre più stretti che ci sono con Sansepolcro e con la parte toscana?
“Assolutamente sì. Con il versante toscano della vallata è stato sottoscritto per Signorelli il protocollo d’intesa fine giugno con Cortona e quindi anche con quest’ultima si è creato un bel dialogo; con Sansepolcro in parte c’è sempre stato, ma l’aspetto culturale ci unisce, oltre Signorelli. Il prestito al
museo di Sansepolcro dell’opera Raffaellino del Colle che abbiamo a Città di Castello - e per il restauro della quale il Comune biturgense ha dato un contributo finanziario - è stata un’occasione di condivisione; peraltro, l’ambito dei prestiti è sempre delicato ed è complesso andare a spostare un’opera, ma con l’autorizzazione della Soprintendenza abbiamo detto sì a una città vicina, con la quale collaboriamo anche sotto altri aspetti”.
Rispondendo a chi pronuncia spesso questo ritornello, a suo parere con la cultura si “mangia” oppure no, magari con una gestione manageriale di essa?
“Se la consideriamo come un’entrata economica, ovviamente no, ma se la consideriamo come fonte di alimento per una coscienza umana, per una crescita umana e intellettuale, per una consapevolezza dei cittadini e per la crescita culturale dei nostri figli e dei ragazzi, allora sì: con la cultura si “mangia” a livello sostanziale e non se ne può fare a meno. A livello di ente pubblico, la gestione dei progetti è a livello di impresa, come se vi fosse appunto un manager che gestisce soldi pubblici e cose delle quali tu sei custode. È poi ovvio che oggi per i progetti culturali vi sono pochissimi: avessimo dovuto operare con i soldi che ci sono stati dati, avremmo fatto poco o nulla anche per l’Anno Signorelliano e per altre situazioni, però mettere a leva i beni culturali che si hanno e dei quali si è custodi, creare rete e collegamento fra realtà associative del territorio, arricchisce l’offerta culturale e produce una gestione senza dubbio più manageriale”.
Quanto è difficile in un’amministrazione comunale fare l’assessore al personale?
“E’ sicuramente un incarico di prestigio, ma molto complesso. Abbiamo a che fare con la vita delle persone e con il loro posto di lavoro, con le loro problematiche che poggiano sul posto di lavoro ma che sono anche collaterali. A volte ci troviamo – e ben volentieri – ad ascoltarli non tanto per il fine ultimo lavorativo, ma anche per una questione di condivisione. Poi è ovvio: tutto dipende dal bilancio e da ciò che si può fare a livello economico: gli uffici oggi, con i progetti che ci sono, si ritrovano sotto organico rispetto allo storico dei nostri Comuni ma la sfida grande è anche quella di lavorare insieme a loro per portare a termine progetti condivisi anche con i dipendenti. La macchina comunale a Città di Castello funziona abbastanza bene, perché c’è gente consapevole del ruolo che riveste e consapevole con noi, che li rendiamo partecipi del progetto che portiamo avanti. Il personale è quindi coinvolto in un meccanismo di gestione della cosa pubblica”.
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