Opinionisti Giulia Gambacci

Anna Magnani, icona immortale del cinema italiano (e non solo)

Da un Premio Nobel a un Premio Oscar, da una scrittrice a un’attrice

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Poche altre, come lei, hanno avuto la dote di immedesimarsi così bene nel personaggio interpretato fino al punto di “viverlo”. In questo ha fatto la differenza. Storica l’immagine della morte di Nannina in “Roma città aperta”, anche se l’Oscar come migliore attrice protagonista arriva per “La rosa tatuata”, non dimenticando i cinque Nastri d’Argento

Da un Premio Nobel a un Premio Oscar, da una scrittrice a un’attrice, ma il comune denominatore è sempre lo stesso: una grande figura femminile che l’Italia ha potuto vantare. Grazia Deledda lascia così il testimone ideale ad Anna Magnani, la popolare “Nannarella”, artista di rilievo assoluto il cui mito sopravvive nonostante il prossimo settembre saranno trascorsi 50 anni esatti dalla sua morte. Peraltro, ci ha lasciato quando di anni ne aveva soltanto 65. In tutto il mondo, la Magnani era considerata una grande personalità artistica e ovviamente per il cinema italiano rimane tuttora un autentico simbolo, oltre che l’espressione della “romanità” cinematografica del XX secolo assieme ad altri due indimenticabili: Alberto Sordi e Aldo Fabrizi. Anna Magnani riporta alla mente in automatico i film che l’hanno resa famosa: “Roma città aperta”, “Bellissima”, “Mamma Roma” e quello che le valse l’Oscar come miglior attrice protagonista: “La rosa tatuata”. Insomma, un posto nella storia del cinema le spetta di diritto. Andiamo allora a ripercorrere la vita di “Nannarella”.  

Anna Magnani nasce a Roma il 7 marzo 1908, vicino a Porta Pia. Prende il cognome della madre, Marina (sarta originaria di Fano), che la affida subito alla nonna materna, Giovanna Casadio. Non conoscerà mai suo padre e solo da adulta, attraverso precise ricerche, scoprirà le sue origini calabresi e di conseguenza anche il cognome vero che avrebbe dovuto portare: Del Duce, in quanto figlia naturale del giurista Pietro Del Duce. La mamma Marina si era trasferita ad Alessandria d’Egitto: qui aveva conosciuto un uomo ricco di origine austriaca e per un periodo si era pensato che Anna Magnani fosse nata in Egitto, prima che a raccontare la storia fosse la stessa attrice, che è cresciuta nella casa della nonna assieme a cinque zie e all’unico zio maschio. La nonna iscrive la nipote in un collegio di suore francesi, dove rimane per pochi mesi, poi Anna inizia a studiare il pianoforte e si iscrive al liceo musicale; l’incontro con la madre ad Alessandria d’Egitto non sortisce gli effetti sperati, nel senso che non si crea il necessario rapporto di affetto fra le due, per cui Anna si ritrova senza padre e senza l’amore della madre. Torna a Roma e lascia anche la musica per darsi alla recitazione: a 19 anni, frequenta con Paolo Stoppa la scuola di arte drammatica “Eleonora Duse”, dove le sue doti, anche carismatiche, vengono subito notate dal direttore Silvio D’Amico. Lei in pratica non recita: si immedesima nella parte assegnata. Tra il 1929 e il 1932 fa parte della compagnia Vergani-Cimara, diretta da Dario Niccodemi e nei primi anni Trenta si cimenta anche nel doppiaggio: sua la voce di Joan Crawford nell'edizione italiana di “Pioggia”. Nel 1932, Anna Magnani e Paolo Stoppa si ritrovano a lavorare insieme nella compagnia di Antonio Gandusio, che la spinge verso il mondo del cinema; dapprima, però, passa per la rivista con i fratelli De Rege e nel 1941 è accanto a Totò in una serie di spettacoli, mentre nel 1944 recita nella rivista “Cantachiaro” di Franco Monicelli, Italo De Tuddo e Garinei e Giovannini e nel ’45 in “Soffia so’…”. Ma già undici anni prima, nel 1934, era avvenuto il debutto cinematografico nel film “La cieca di Sorrento” di Nunzio Malasomma, anche se la Magnani aveva occupato un ruolo secondario in “Scampolo” di Augusto Genina nel 1928. Per ciò che riguarda la sua privata, nell’ottobre del 1935 Anna si sposa con il regista Goffredo Alessandrini, che le offre una parte in “Cavalleria”; nel 1940 si separa dal marito, nonostante il divorzio avverrà nel 1972. Compare nel film “La principessa Tarakanova” (1938) di Mario Soldati, doppiata nella voce e dopo aver interpretato parti da cameriera o cantante mette in evidenza le sue doti di attrice drammatica. Anche Vittorio De Sica le assegna un ruolo importante nel film “Teresa Venerdì” e in “Campo de’ Fiori” fa la verduraia; con lei c’è Aldo Fabrizi. Nell’ottobre del 1942 diventa madre dell’unico figlio, Luca, nato dalla relazione con l’attore Massimo Serato, che la abbandona non appena rimane incinta. E anche lei, come la madre, impone il suo cognome al figlio. Nel periodo della guerra, la Magnani recita in “Finalmente soli”, “La vita è bella” e “L’ultima carrozzella”, ma la vera svolta è quella del 1945, quando grazie a “Roma città aperta” vince il suo primo Nastro d’Argento. Alla storia del cinema è stata consegnata la scena della corsa dietro un camion tedesco nel quale è rinchiuso il marito (lei è la “Sora Pina”) e lei muore uccisa dai colpi di mitra. Regista del film è Roberto Rossellini, con il quale avrà una storia sentimentale. Del ’45 è anche “Quartetto pazzo” di Guido Salvini (la sua voce è doppiata), prima di “Avanti a lui tremava tutta Roma” di Carmine Gallone e della commedia “Abbasso la ricchezza!” (entrambe del ’46) con Vittorio De Sica. Lei era Gioconda Perfetti, fruttivendola che si era arricchita nella Roma del dopoguerra. Secondo Nastro d’Argento vinto come miglior attrice alla Mostra di Venezia nel 1947 con “L’onorevole Angelina” di Luigi Zampa (nel cast c’è anche Ave Ninchi) e ultimo film con Rossellini – prima della loro separazione – nel 1948; il titolo: “L’amore”, diviso in due atti. L’anno 1949 è quello di “Vulcano”, diretto da William Dieterle e interpretato assieme a Rossano Brazzi e Geraldine Brooks. E arriviamo al 1951, quando la Magnani è Maddalena Cecconi in “Bellissima” di Luchino Visconti: ci sono nel cast anche Walter Chiari, Corrado e una giovane Nora Ricci; questa pellicola le consegna il quarto Nastro d’Argento; il quinto e ultimo sarà per lei quello del film “Suor Letizia – Il più grande amore” (1956) di Mario Camerini. Nel 1952, la Magnani si cala poi nel ruolo di Anita Garibaldi in “Camicie rosse”, assieme a Raf Vallone e con regista l’ex marito Goffredo Alessandrini, che abbandona la scena a seguito di un diverbio con lei, la quale nello stesso anno recita in “La carrozza d’oro” di Jean Renoir. Singolare il suo ruolo in “Siamo donne” del ’53, perché la Magnani interpreta sé stessa, ma il suo anno d’oro è il 1956, quando oltre al Nastro d’Argento si aggiudica il tanto ambito Premio Oscar come miglior attrice protagonista, interpretando Serafina Delle Rose nel film “La rosa tatuata” (uscito nel ’55) di Daniel Mann, con Burt Lancaster; Serafina le porta anche un Bafta come attrice internazionale dell’anno e il Golden Globe per la migliore attrice in un film drammatico. La Magnani non si reca alla cerimonia e per lei ritira il riconoscimento Marisa Pavan, candidata all’Oscar come miglior attrice non protagonista. Due anni più tardi, nel ’58, è premiata come miglior attrice al Festival di Berlino per “Selvaggio è il vento” di George Cukor; con lei ci sono Anthony Quinn e Anthony Franciosa. Ed è per “Selvaggio è il vento” che si aggiudica il primo David di Donatello come miglior attrice e viene di nuovo candidata per l’Oscar, poi non vinto. Nel ’59 arriva il secondo David di Donatello per “Nella città l’inferno” di Renato Castellani, film ambientato in un carcere femminile assieme a Giulietta Masina e nel ’60 torna a Hollywood per l’ultima volta: recita un personaggio tragico accanto a Marlon Brando e Joanne Woodward in “Pelle di serpente” del regista Sidney Lumet. Un altro capitolo della carriera di Anna Magnani si consuma nel 1960, quando rifiuta la parte della madre Cesira in “La ciociara” (con Sophia Loren nel ruolo della figlia), poiché si considerava troppo matura per quel ruolo e allora è la stessa Loren a interpretare Cesira, con Vittorio De Sica che prende il posto in produzione di George Cukor. Lavora invece in “Risate di gioia” di Mario Monicelli, film che l’avrebbe dovuta rilanciare dopo la parentesi americana, ma che non riscuote il successo auspicato. Nel 1962 entra nella vita professionale di Anna Magnani il regista Pier Paolo Pasolini, che la scrittura per “Mamma Roma”; lei diventa sempre più esigente nello scegliere i ruoli e alla fine è scontro fra i due, anche se la pellicola ottiene un gran successo di pubblico e di critica, specie in Francia, dove si reca nel ’63 per recitare nella commedia “La pila della Peppa” di Claude Autant-Lara, caratterizzata tuttavia da uno scarso successo. La Magnani ha già superato i 50 anni e i film di Monicelli e Pasolini non la rivalutano come meriterebbe. Nel 1965 appare in “La famiglia” di Nanni Loy e nel ’69 prende parte all’ultimo film hollywoodiano girato in Italia, “Il segreto di Santa Vittoria” di Stanley Kramer; nel cast ci sono anche Virna Lisi, Giancarlo Giannini e Renato Rascel. Si ritaglia la candidatura al Golden Globe quale miglior attrice e per “Il segreto di Santa Vittoria” vince lo stesso premio come migliore film commedia o musicale. Per ciò che riguarda il teatro, la Magnani si rivede nel ’65 con “La lupa” di Giovanni Verga del regista Franco Zeffirelli e nel ’66 con “Medea” di Jean Anouilh e direttore Gian Carlo Menotti. La malattia sta cominciando a lasciare in lei il segno quando nel 1971 la Magnani fa il debutto in televisione nei tre mini-film sotto il titolo “Tre donne: la sciantosa”, “1943: un incontro” e “L’automobile”. Il regista è Alfredo Giannetti e la colonna sonora è opera di Ennio Morricone. Giannetti dirigerà poi la Magnani in una quarta pellicola, “Correva l’anno di grazia 1870”. In questo film i suoi partner sono Massimo Ranieri, Vittorio Caprioli, Enrico Maria Salerno e Marcello Mastroianni. I primi tre film sono stati trasmessi su quella che oggi è Rai Uno in prima serata nel periodo fine settembre-inizio ottobre, il quarto sull’odierna Rai Due. La sua ultima apparizione cinematografica è del 1972, in un cameo di Fellini per il film “Roma”. È un’Anna Magnani dolente, che attraversa i vicoli della città deserta per tornare a casa e risponde a Fellini con un tono di sorpresa, congedandolo velocemente e chiudendo il portone davanti alla macchina da presa. La battuta finale in romanesco è un “No, nun me fido. Ciao. Buonanotte!”. Si vede poi in una prima teatrale a inizio dell’estate successiva, poi di lei si parlerà – purtroppo – in occasione della sua morte, datata 26 settembre 1973 e avvenuta nella clinica “Mater Dei” di Roma, a causa di un tumore al pancreas. Ha soltanto 65 anni e vicino a lei, fino all’ultimo, ci sono il figlio Luca e Roberto Rossellini. Vi era stato un riavvicinamento con quest’ultimo, che provvede anche al funerale nella chiesa di Santa Maria Sopra Minerva, dove migliaia di persone le riservano l’omaggio finale. Dapprima, la sua salma viene composta nel Cimitero del Verano, poi dal 1988 – su espressa volontà del figlio – viene trasferita nella cappella di famiglia del cimitero di San Felice Circeo, vicino alla sua villa.

Su un aspetto bisogna essere chiari, anche per sgomberare il campo dagli equivoci e per dare ad Anna Magnani ciò che è suo: si è detto che era un’attrice istintiva, nel senso che fosse l’istinto a spingerla nelle sue interpretazioni. Ebbene, secondo il parere dei critici questo sarebbe falso, nel senso che dietro le qualità artistiche di questa attrice, che ha fatto anche teatro, vi era una scuola nella quale ha appreso quella tecnica raffinata che qualcuno avrà magari scambiato per istinto. Senza dubbio, torniamo al concetto espresso sopra: la Magnani aveva la capacità di calarsi benissimo nel personaggio che interpretava, ossia di viverlo, il che è diverso da quello che possiamo chiamare istinto. Nel leggere una sceneggiatura – è stato ricordato – capiva bene ciò che avrebbe potuto tirar fuori dal suo personaggio ed è emblematico, come esempio, è quello della scena “storica” della morte di Nannina in “Roma città aperta”; ebbene, la Magnani la girò più volte, cadendo sull’asfalto e procurandosi escoriazioni alle ginocchia, dalle 11 di mattina alle 4 del pomeriggio, per poi andare nella serata dello stesso giorno a fare la rivista al teatro Valle. Crediamo che il compendio di Anna Magnani sia proprio questo: il cinema italiano ha avuto una grande attrice, perché soprattutto era una grande interprete e quindi ha saputo mettere in mostra la prerogativa migliore che un’attrice può avere. La figura a lei assegnata diventava vera nella finzione cinematografica: è su questo che si gioca la differenza ed è per questo che Anna Magnani rimarrà immortale. Poi – si sa – a qualcuno sarà piaciuta, a qualcuno meno e magari il suo modo di porsi, sempre comunque schietto, avrà creato più o meno simpatie, ma è tipico dei “grandi”: sul fatto che fosse un’artista vera nessuno ha mai avuto dubbi.

Giulia Gambacci
© Riproduzione riservata
08/08/2023 15:15:41

Giulia Gambacci

Giulia Gambacci - Laureata presso l’Università degli Studi di Siena in Scienze dell’Educazione e della Formazione. Ama i bambini e stare insieme a loro, contribuendo alla loro formazione ed educazione. Persona curiosa e determinata crede che “se si vuole fare una cosa la si fa, non ci sono persone meno intelligenti di altre, basta trovare ognuno la propria strada”. Nel tempo libero, oltre a viaggiare e fare lunghe camminate in contatto con la natura, ama la musica e cucinare.


Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.


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