Opinionisti Marco Cestelli

“Voi avete gli orologi ma noi abbiamo il tempo”

Se dobbiamo occuparci di difesa che ci pensi l’Europa, dobbiamo creare l’esercito europeo

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Questa frase la disse un leader talebano ad un militare americano durante la guerra ventennale in Afghanistan. In se racchiude tante verità assieme che ci riguardano, proprio oggi, a noi europei, ricchi e pasciuti, che guardiamo attoniti la scelleratezza di chi vuole far guerra ai nostri confini o un po’ più in là. Noi abbiamo i migliori orologi ma non abbiamo il tempo per sopportare le conseguenze, invece russi, cinesi, Hamas, Houti e compagnia … hanno proprio il tempo dalla loro parte.
Come chi calcia la palla in tribuna per far scorrere il tempo di una partita, noi italiani ed europei rimandiamo tutto a quella madre e matrigna  a Bruxelles: “se proprio dobbiamo occuparci di difesa e guerra che ci pensi l’Europa, dobbiamo creare l’esercito europeo”. Non è possibile, non è credibile, non ci sarà; al massimo avremo una o due brigate corazzate di pronto intervento che per muovere un cingolo dovranno avere l’ok da tanti di quei governi che, in caso di bisogno, arriverebbero tardi anche per piantare le tende dove servirebbe.

Per fare un esercito ci vuole un ministro degli esteri unico come un ministro della difesa, un unico centro di comando, un unico e condiviso obiettivo, un unico scopo. Qui di unico non c’è nulla, tanto meno il sentimento condiviso di un’opinione pubblica. Per fare un esercito ci vuole un centro di spesa unico, quindi un bilancio, quindi un debito pubblico unico, un unico sistema fiscale e quindi una unico governo delle finanze. Non c’è, non ci sarà. Pensate che l’Italia, per esempio, sarebbe felice di condividere il proprio debito con gli altri paesi (si lo sarebbe) ma anche condividere lo stesso rigore di bilancio, di riforme e di normative? Non scherziamo.

Allora l’Europa cos’è? E’ un club di stati moderni e democratici, che si danno regole commerciali per creare un calderone di scambi, un consorzio di principi e progetti attorno ad una moneta. Detto così è uno scarno e ingiusto riassunto. È poco? Direi che è tantissimo ma non basta se si vuole andare oltre. Siamo troppo diversi e con interessi spesso divergenti, veti incrociati, visioni nazionali, lingue e culture stratificate nei secoli e diversissime. Eppure, checché ne dicano i detrattori, da soli saremmo nulla, siamo nulla, non abbiamo la minima possibilità di competere, di progettare e di contare nello scacchiere mondiale. Essere soli, tornare soli è discutere del nulla cosmico, una semplice pazzia anacronistica disgiunta dalla realtà.

Ma siamo asserviti agli USA? Si abbastanza, perché da questo asservimento ne derivano vantaggio economici e geopolitici enormi, direi non discutibili. Il nostro benessere si è basato, fino ad oggi, su 3 fattori chiave: la copertura securitaria e militare americana, le materie prime a buon mercato dalla Russia, manifattura e sbocchi commerciali cinesi. Ora tutti e 3 stanno entrando in forte crisi, profondamente. E noi che facciamo? Ci guardiamo l’ombelico e ascoltiamo con fastidio un leader europeo che parla di proteggere gli interessi europei anche militarmente e da soli. Poveri noi, ormai imbelli figli del benessere che “guardiamo il mondo da un oblò” ristretto e forti del nostro pacifismo economicista, criticando rabbiosamente chi lo mette in discussione, rimproverando chi ci fornisce quella copertura securitaria come un atto dovuto ma fastidioso. La guerra è parte di noi come genere umano, possiamo e dobbiamo scongiurare guerre e sofferenze perché abbiamo (noi) raggiunto la consapevolezza del male e abbiamo chiaro quale sia la strada per il progresso e il benessere. Ma questo è il nostro punto di vista. Non è detto che gli altri la pensino allo stesso modo. Per cui vale sempre il principio antico Si vis pacem para bellum, e proprio per la forte capacità di difesa occidentale che non ci sarà nessuna guerra, che UE e NATO appronteranno posture di difesa, forniranno (se ne abbiamo) armi e intelligence ma non saremo attaccati. Ma le armi costano e tanto, alcuni esempi di come spendiamo tanto e sostanzialmente male per le forze armate in Europa: la spesa militare aggregata dell'UE e dei Paesi europei della NATO ha raggiunto i 346 miliardi di dollari nel 2022, divisi tra 27 nazioni, 17 carri armati diversi (USA 1), 27 diversi tipi di obici (USA 2), 20 aerei da caccia (USA 6), 12 sistemi di missili antinave (USA 2), 29 modelli di fregate (USA 4), 20 tipologie diverse di siluri (USA 4). Ogni nazione vuole il suo sistema, il suo tank, per la propria industria, per i propri progettisti, i propri budget e bilanci. Non c’è cooperazione, non c’è visione unica, si spende molto e male, quindi “Quella di una Forza Armata europea è la più grande truffa che si possa mettere in piedi. E lo fanno tutti; tutte le classi politiche, di tutti i colori e di tutti i Paesi” Centro Studi Internazionali Andrea Margelletti).  

Vi faccio un esempio semplice semplice: fossi la Russia, nel proseguo del suo delirio bellicista, metterei ancora più in crisi la coesione e consistenza della UE e della Nato: mettiamo che i russi invadano una sperduta isoletta nel mare artico, uno sputo di terra, che so, norvegese, disabitata, incolta. La invade e ci piazza una bandierina russa con un pugno di militari e un paio di navi attraccate: che si fa? Chi combatte per difendere ogni centimetro della Nato e della UE? Mandiamo la nostra schiacciante aeronautica o la nostra potente marina? Rischiamo un conflitto? Magari i norvegesi, gli scandinavi, i baltici e la GB sarebbero molto d’accordo; magari Orban e i mediterranei no. Chi vuol rischiare per un pugno di terra ghiacciata?  E gli USA? Magari Biden si, Trump no. E se dopo un’isoletta ghiacciata toccasse a Pantelleria o Lampedusa?

Il mondo è inter collegato, “Da almeno 50 anni le fluttuazioni del petrolio dipendono dalle tensioni in Medio Oriente”. Non solo Israele: mar Rosso, Ucraina e il timore di un’escalation in Iran… e noi gridiamo alla speculazione sui prezzi dei carburanti per i nostri ponti (di vacanza) primaverili quando il 40% delle nostre importazioni dovrebbero passare dalla rotta del Mar Rosso? Nonostante l’Unione Europea abbia delle navi che operano tra Mar Rosso ed Oceano Indiano, non si registra un indirizzo politico comune: mentre Germania, Danimarca e Paesi Bassi sono propensi ad azioni dirette contro i ribelli, Italia, Francia e Spagna desiderano mantenere un atteggiamento neutrale, limitandosi ad intercettare le minacce alla navigazione. Senza voler giudicare la bontà di una posizione a scapito dell’altra, si rileva comunque come l’Europa sia un gigante economico che diventa nano quando si discute di politica e sicurezza.

Ecco perché non c’è politica UE, non c’è politica italiana, c’è solo da rimanere in balia degli eventi. Speriamo bene …

Marco Cestelli
© Riproduzione riservata
11/04/2024 12:39:27

Marco Cestelli

MARCO CESTELLI: Persona molto conosciuta a Sansepolcro, studi economici e commerciali a Milano, manager e imprenditore, scrittore, conferenziere e comunicatore, ha viaggiato in molte parti del mondo, ha sperimentato innovazioni e il valore della cultura. Legatissimo alla sua terra ama l’arte e la storia, la geopolitica e la cultura europea. Sa di non sapere mai abbastanza.


Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.


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