Opinionisti Giorgio Ciofini

Mario Salmi, il rimpianto di non avere corrisposto alla sua stima

I treni passano e non siamo alla stazione

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Non è facile prendere il treno in corsa e, alle volte, i treni passano e non siamo alla stazione.  Mario Salmi per me non è un treno perso, ma il rimpianto di non avere corrisposto alla sua stima.

Mario Salmi

         La notizia ha cominciato a circolare con circospezione, come una figlia che rientra a notte fonda per non svegliare i genitori e ha fatto capolino nelle cronache cittadine, che di solito s’interessano di tutt’altre cose: Piero della Francesca avrebbe disegnato con le proprie mani il Sant’Antonio che, da cinque secoli, abita la chiesina di San Polo, rinchiuso nell’affresco, che è opera d’un pallido continuatore dell’arte del grande maestro, Lorentino d’Andrea. La rivelazione è destinata a fare scalpore ed è il frutto del lavoro di Paola Refice, studiosa di Piero. Lasciando la questione agli esperti, la straordinaria attribuzione del dipinto di San Polo non è del tutto nuova e, sull’onda lunga del ricordo, m’ha riportato agli anni che ho trascorso alla Biblioteca di Cortona, che mi dettero occasione di conoscere Mario Salmi. Originario di San Giovanni Valdarno, è stato uno dei massimi esperti d’arte italiana e rinascimentale e, da aretino, nutriva una predilezione per Piero della Francesca. Anche se svolse a Roma gran parte della propria attività professionale, Mario Salmi è rimasto sempre legatissimo all’Arte in terra d’Arezzo, che studiò a fondo e che è anche il titolo d’una sua pubblicazione, che è una pietra miliare sul tema. Possedeva una villa dalle parti di Stoppe d’Arca, dove tornava spesso. S’era anche occupato del Sant’Antonio di San Polo ed era stato il primo a notare la mano di Piero della Francesca in quel volto. Ho avuto l’onore di conoscere Mario Salmi in anni ormai lontani e m’ero quasi dimenticato di lui. Per quelle cose che nella vita capitano forse non a caso, ma che il caso guida, dopo tanti anni la recente scoperta di San Polo, m’ha riportato la memoria d’un tempo vissuto sotto le urgenze di passioni giovanili che, come il caso, non si governano. Per qualche anno, durante il mio incarico alla Biblioteca di Cortona, fui in contatto con Mario Salmi, che m’indirizzò alcune lettere affettuose, che conservo tra le cose più care. Forse persi anche un’occasione importante o come, s’usa dire, non presi quel treno in corsa.  Nella vita, alle volte, diventi quello che sei, altre quello che vuoi, altre ancora quello che devi. Il caso, il destino e la volontà degli uomini si mescolano in modo inestricabile. Non ha senso porsi, a posteriori, domande che non possono avere risposta, ma a volte basta un incontro per cambiare tutto. Resto convinto che la vita continua ad offrire occasioni fino all’ultimo, a chi le sa cogliere. Inserire Mario Salmi in questa galleria, è stato un modo di sdebitarmi un po’ con lui. L’altro giorno sono tornato a San Polo in preda a queste spinte e alle emozioni d’un viaggio nella memoria, per vedere di persona l’affresco, come avesse qualcosa da comunicarmi. Quando sono entrato nella pieve, Sant’Antonio mi fissava. Sembrava perplesso di vedermi lì. In effetti non sono della parrocchia, né un religioso, né un esperto d’arte. Non avevo alcun titolo per immischiarmi sulla questione rinfocolata dalla Refice. Insomma mi sono sentito un pesce fuor d’acqua. Da molti anni non entravo in quella pieve, la prima tappa sull’antica strada per Sestino e Rimini. Era come se ci fossi entrato la prima volta. Mi mancava la memoria d’una parte della mia vita, non mi riconoscevo e, un po’, mi sono sentito anch’io un caso d’attribuzione. Sant’Antonio protettore di animali come me, mi ha ribadito che, cercare la memoria di quello che siamo stati, è l’unica condizione per vivere da uomini, un tentativo di non farsi guidare dal caso. È uno sforzo titanico contro le abitudini, le scorciatoie, le comodità, specie ad una età in cui la memoria comincia a perdere colpi. Ma ne vale la pena e ha il fascino unico d’un dipinto di Piero, o d’un viaggio proustiano nel tempo perduto. Chi, come Mario Salmi, cerca la verità su un’opera d’arte, cerca se stesso e ci aiuta anche a ritrovare la nostra identità collettiva, le radici comuni. Per questo sono salito a San Polo e sono entrato di nuovo, dopo tanti anni, nella antichissima pieve alle porte della città. Così, l’attribuzione di Paola Refice, mi ha fatto ritrovare un pezzo della mia storia, che sarebbe andato perduto e onorare la memoria di Mario Salmi. Perciò dico grazie anche a lei.

Giorgio Ciofini
© Riproduzione riservata
30/04/2024 17:34:12

Giorgio Ciofini

Giorgio Ciofini è un giornalista laureato in lettere e filosofia, ha collaborato con Teletruria, la Nazione e il Corriere di Arezzo, è stato direttore della Biblioteca e del Museo dell'Accademia Etrusca di Cortona e della Biblioteca Città di Arezzo. E' stato direttore responsabile di varie riviste con carattere culturale, politico e sportivo. Ha pubblicato il Can da l'Agli, il Can di Betto e il Can de’ Svizzeri, in collaborazione con Vittorio Beoni, la Nostra Giostra e il Palio dell'Assunto.


Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.


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