Nuove olimpiadi, soliti errori
Pensano di essere gli eletti, sono solo cialtroni maleducati, peccato!
Le olimpiadi sono una piacevole occasione per conoscere nuovi sport, vedere l'impegno di tanti atleti e magari vedere espressi al loro meglio i valori che dovrebbero essere proprii dello sport. Come dimenticare la manifestazione di debolezza di Muhammad Alì debilitato dal morbo di Parkinson ultimo teodoforo alle olimpiadi di Atlanta? Purtroppo tanti sono stati in passato gli esempi negativi, anche in questa edizione (scrivo che non siamo neanche alla metà) i brutti esempi non sono mancati: una cosa particolarmente fastidiosa è l'atteggiamento del pubblico al momento delle premiazioni; quando suona l'inno nazionale della federazione del vincitore sarebbe buon educazione alzarsi e ascoltare in silenzio. Mi è capitato di assistere alla premiazione della judoka italiana notando che durante l'esecuzione dell'inno di Mameli il pubblico dietro di lei sgomitava per farsi vedere e per far vedere le bandiere della propria nazione. Fra questi primeggiava la bandiera bianca e celeste della squadra dell'atleta giunta dopo l'italiana. Una atleta che ha perso per somma di scorrettezze, scorrettezze che evidentemente sono patrimonio nazionale di quella nazione, che non rispetta gli impegni internazionali e le consuetudini di educazione (eufemismo). Lascio fuori quello che riguarda la popolazione civile palestinese perché credo sia di pubblico dominio.
Pensano di essere gli eletti, sono solo cialtroni maleducati, peccato.
Sgradevole anche la frequenza con cui le reti Rai che seguono le gare siano sempre pericolosamente sbilanciate al livello di tifoseria, tralasciando i meriti degli altri atleti ed arrivando a episodi imbarazzanti come quelli delle interviste ad atlete che non avevano soddisfatto le aspettative di vittoria dei commentatori. Già, le aspettative di vittoria: a metà olimpiadi a qualcuno sta venendo il dubbio di aver venduto la pelle dell'orso prima di averlo preso. Ma certo non si può castigare le parole di chiunque sia che esce da una finale olimpica frutto di mesi -se non anni- di sacrifici e di rivendica la propria soddisfazione, anche se non porta a casa medaglie. Il confronto con l'esperienza di un atleta vecchia il doppio, già titolata, nota per le proprie eruzioni, non fa gloria a certe letture dell'attività sportiva e ancora meno al servizio pubblico che le propala. Peccato peccato.
Alessandro Ruzzi
Aretino doc, ha conseguito tre lauree universitarie in ambito economico-aziendale, con esperienza in decine di Paesi del mondo. Consulente direzionale e perito del Tribunale, attento osservatore del territorio aretino, ha cessato l'attività per motivi di salute, dedicandosi alla scrittura e lavorando gratuitamente per alcune testate giornalistiche nelle vesti di opinionista. alessandroruzzi@saturnonotizie.it
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