Rubrica Lettere alla Redazione
Lavorare col disagio psichico non è facile

”Stiamo aspettando l’ennesima tragedia per piangere le solite ipocrite lacrime di coccodrillo?”
Bisogna dirlo: lavorare col disagio psichico non è facile. Ma troppo spesso sono i vuoti, le mancanze del servizio sanitario nazionale e, diciamolo sinceramente, a volte anche la superficialità degli operatori in prima linea, a determinare drammi che poi non possiamo che definire “annunciati”. Prendiamo quello che sta accadendo in questi giorni a Pieve Santo Stefano, dove un uomo segnato da un incidente stradale in giovane età, in cura da anni al Sim (Servizio di igiene mentale) di Sansepolcro, ha compiuto gravi atti di violenza verso la badante, una signora che prestava servizio da tempo a casa dell’uomo e del suo padre ultranovantenne. L’ha presa prima per il collo, poi per i capelli, l’ha trascinata in cima alle scale di casa e l’ha gettata di sotto. Nella furia del momento, con lei terrorizzata e dolorante a terra, ha preso un bastone e sicuramente sarebbe finita malissimo se non fosse intervenuto un vicino che fortunatamente ha sventato il peggio. La signora è finita al pronto soccorso, successivamente ha sporto denuncia ai Carabinieri del Borgo e nel frattempo l’uomo come se niente fosse ha ricominciato a girare con la sua moto, ossessivamente come sempre, per le strade del paese. Ma c’è di più. In passato quell’uomo psichicamente compromesso, si era macchiato di altre gravi violenze. In un’occasione specifica contro il padre, con conseguenze pesanti per l’anziano: un polmone perforato e una ventina di giorni d’ospedale. Ora quel padre di 93 anni ma lucidissimo, ha di nuovo paura, anche per sé stesso, e nei giorni scorsi l’amministrazione comunale di Pieve lo ha convinto a dormire in albergo sino alla risoluzione della vicenda. Interviene, si fa per dire, il Servizio di igiene mentale di Sansepolcro. Ma è venerdì, sabato e domenica loro sono chiusi, e si decide per una visita al paziente, in loco, per il successivo lunedì. Come se la malattia mentale si eclissasse per il weekend. Solo alcune insistenze con la dottoressa di turno al Sim la convincono a recarsi alla Pieve e a verificare di persona la situazione. Arriva accompagnata da una pattuglia di Carabinieri, incontra l’anziano papà al quale promette udienza solo dopo aver visitato il figlio, si fa accompagnare a casa, ci parla, lo seda e se ne torna nei suoi uffici senza neppure dire una parola al papà sempre più solo e disorientato. Non interviene neppure una assistente sociale a dare indicazioni e conforto all’anziano padre, anche perché a Pieve Santo Stefano lei la si trova due ore in tutto alla settimana, il lunedì. Come è finita la storia? I paesani temono nuovi atti di violenza, il figlio della badante cerca l’uomo per il paese gridando che se lo prende l’ ammazza di botte, mentre lui continua a girare con la sua motocicletta da un bar all’altro. Dopo giorni di grande spaesamento e solitudine il papà viene a sapere da terze persone che il figlio è stato nuovamente sedato e accolto in una casa famiglia del Borgo. Torna a dormire a casa sua sperando che la situazione si stia risolvendo. Ma le mattine seguenti il figlio torna a Pieve in macchina, questa volta, e ricomincia a pellegrinare da un bar all’altro. Tre domande secche ai servizi e un interrogativo. Possibile che in dieci giorni chi di dovere non sia riuscito a trovare, in Italia, una comunità protetta dove ricoverare il paziente difficile? E’ normale che egli abbia ancora la patente, nonostante la pesante terapia farmacologica alla quale è sottoposto? E’ umana e pratica accettabile quella di lasciare abbandonati a se stessi l’anziano padre e la badante che, piangendo, confessa di non sapere neppure se domani riuscirà a trovare un nuovo lavoro?
L’interrogativo è altrettanto inquietante e lo pongono molti abitanti di Pieve Santo Stefano:”Stiamo aspettando l’ennesima tragedia per piangere dopo le solite, ipocrite lacrime di coccodrillo?”.
Ma la ciliegina sulla torta arriva adesso: l’uomo in queste ore ha ripreso normalmente anche il suo lavoro come inserviente in una scuola.
Stefano Mencherini, regista e giornalista indipendente
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