Opinionisti Alessandro Ruzzi

Salute o lavoro?

Il trade-off del coronavirus

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Credo divenga sempre più chiaro che i governi si trovano dinanzi a questo bivio, ove entrambe le vie sono buie, piene di insidie note e ignote.
Una scelta che in parte deve essere intrapresa in accordo con altre nazioni, nessuna è autosufficiente. L'Europa unita ha scelto la strada dell'euro e della Banca centrale, che non è tuttavia sovrapponibile alla condizione di Stati Uniti e Cina, che a loro volta non solo simili. La Cina ha una organizzazione politica centralista dove l'economia viene guidata dalle scelte politiche, gli Stati Uniti sono una unione federale dove l'economia è guidata da enormi conglomerati aziendali con interessi divergenti e dove la Federal Reserve opera in autonomia. La Banca centrale europea è fortemente condizionata dalla politica europea che vive la dicotomia fra Commissione ed i vari Consigli, quasi mai d'accordo per la geometria delle alleanze interne ai consigli. Differenze, appunto.
Arcuri -posto in un ruolo cruciale, ma scelto perché presidente di ignobile agenzia governativa-  ha detto non c'è tradeoff: senza salute qualunque ripresa si spegnerebbe, ma ha dimenticato di dire che nessun paese può tenere in vita un popolo senza ricavi dalle imposte o stampa di moneta. E  l'Italia non ne stampa.
Le imposte dirette sono frutto in larga parte della tassazione sui guadagni e per questo l'andamento del Pil nazionale assume una grande rilevanza. Altre imposte derivano dai consumi, sempre legati a disponibilità e reddito, altre derivano dai carburanti e quindi da trasporti o spostamenti, altre dalla tassazione di giochi o altre imposte di bollo: per questo le stime sull'andamento del Pil sono fondamentali per comprendere quando lo Stato non è più in grado di sostenersi. Perché la spesa corrente serve molto per mantenere la macchina statale, quella che adesso è sostanzialmente indenne dalle riduzioni di stipendio che invece affliggono i lavoratori del settore privato siano essi professionisti piuttosto che dipendenti piuttosto che imprenditori.
Non i politici eletti o nominati. Vergogna, altrove hanno dato un esempio.
È questo il motivo per cui non starei tanto tranquillo sul fatto che non vi è trade-off fra salute e lavoro. Più gente sta a casa a tutelare la salute tanto più lo Stato va in difficoltà per garantire sostegni mentre continua a pagare gli stipendi ai suoi dipendenti che lo Stato stesso tiene a casa, basta pensare al mondo dell'istruzione. Stessa realtà vivono Regioni e Comuni.
Ma mi viene da ridere quando sento parlare di riduzione del Pil italiano su base annua per l'anno 2020 pari al -10%.
Chissà come fanno a stimare il dato quando non si sa quando riprenderanno a lavorare le aziende (pare attualmente ne siano in lock-down il 48% del totale)?
Quando non si sa quale capacità produttiva potranno esprimere sia per le norme di tutela della salute che per eventuali difficoltà di approvvigionamento che per la disponibilità dei mercati di sbocco a recepire il prodotto. È meraviglioso ricordare che questo dato viene computato a trimestri, 1º trimestre 2020 con una riduzione del -5/-8%, nel 2º trimestre prevedono un -8/ -14%, per il 3º trimestre un calo fra il -15 e -22% e con un recupero -anzi rimbalzo, come lo chiamano- valutato fra l'8 e il 10%. Già, vi invito a riflettere sull'ultimo trimestre, previsto con aumento medio del 9%: aumento rispetto al 2019? Dobbiamo veramente credere che la nostra economia uscendo da questa situazione (non so chi gli ha detto che uscirà in tempo per Natale) aumenterà rispetto ad un anno normale? Questo dovrebbe far dubitare. Infatti noterete che sulla stampa sono scomparsi i previsionali del PIL, mentre di altri numeri abbiamo -spero- imparato a dubitare; e come noi altri cittadini europei che hanno appreso che in Spagna e Inghilterra vengono contati e comunicati soltanto i decessi covid avvenuti in ospedale. I morti a casa, ciccia.
L'unico numero consuntivo già disponibile è l'andamento del Pil cinese nel 1º trimestre 2020: -6,8%, clamoroso per un paese che dagli anni '80 non conosce il segno meno; avendo messo in lock-down solo una ridotta frazione della sua popolazione, accusa una botta dura: dobbiamo veramente credere alle previsioni del nostro -10%?
E le variazioni individuali non saranno medie, temo che molte persone nelle fasce di reddito più basse vedranno un tracollo -fino al 100%-; ridicolo apprendere, dal loro ufficio stampa- che i signori della ex Fiat (ora Fca) si sono ridotti l'emolumento della metà, fatico a credere siano divenuti poveri. Ma di veri poveri ne avremo tanti, presto.
Considerato le pressioni del sistema datoriale che coincidono con l'interesse statale a sottrarsi alla dinamica dei sostegni al reddito, credo che le fabbriche e non solo riapriranno in maniera piuttosto diffusa il 4 maggio; ci troveremo a vivere l'esperienza che alcune aree del paese vivono da decine d'anni, mi riferisco alle fabbriche Eternit del Piemonte o al polo siderurgico ex Ilva in Taranto, dove si può decidere se morire di inedia o sperare di non morire di leucemia. Meglio sperare di non morire di coronavirus. Anche perché quel largo numero di appartenenti alle categorie fragili che sono già morti non possono morire di nuovo, quindi dovremo imparare a convivere con un lungo periodo scandito da focolai a macchia di leopardo, diranno un 400 -500 morti al giorno che già spacciano come un buon risultato.
L'atteggiamento di alcuni paesi della Unione Europea non mi stupisce, continuiamo a permettere loro di tenerci il tacco sul collo. Perché qualunque fondo privo di condizioni capestro e legato alle spese di carattere sanitario doveva essere erogato, non soltanto predisposto e messo a disposizione dei paesi che lo avessero richiesto.
Lo spettacolino dei sovranisti nostrani che hanno votato con i loro eurocompari sovranisti contro l'interesse comune italiano non deve stupire, il loro obiettivo è quello di costringere il governo italiano ad accettare il famigerato mes; respingono i corona bond o recovery bond con l'obiettivo di mettere in difficoltà gli attuali governi pur di subentrare nella guida di Italia (Salvini) e in Francia (LePen). Pietoso. Sulla pelle di milioni di italiani. Che spero prendano i bastoni. Ma non è che quell'altri (intendo quelli al governo) operino tanto meglio. Lo vedremo il 4 maggio (grosso modo), credo che la grandissima maggioranza dei cittadini italiani ritenga opportuno mantenere questa serie di cautele, ma non se lo può permettere dal punto di vista economico finanziario. Lo Stato poco fa, il mercato è fermo, tornare al lavoro è condizionato da troppe incertezze anche sulle precauzioni pei lavoratori. Il caos è sovrano. E si vedrà, a breve.
In Toscana, Rossi si è già espresso a favore di una riapertura parziale dei campioni dell'export, 120.000 lavoratori su circa 3,3 milioni di toscani. Non mi è chiaro l'impatto per chi resta a casa, ma lo direi trascurabile. Seghe e gazzose.
Leggere l'ordinanza n38 che consiglia la mobilità individuale elettrica o stabilisce la sovrapposizione di due mascherine chirurgiche in luogo di una Ffp2 è comunque utile al buon umore.
Con uno Stato ha già dimostrato la propria inadeguatezza offrendo 600 pidocchiosi euro a 5.000.000 di imprenditori minori, sventolando la poderosa manovra da 200 + 200 miliardi di euro di cui ancora non si conosce il funzionamento, ma ne è ben chiaro lo scopo: pagare le tasse e mettere gli istituti di credito nella condizione di incassare i propri crediti e mutui sulla pelle dei poveri cittadini italiani. Con la garanzia dello Stato.
Siamo a pecora!

Redazione
© Riproduzione riservata
19/04/2020 12:42:48

Alessandro Ruzzi

Aretino doc, ha conseguito tre lauree universitarie in ambito economico-aziendale, con esperienza in decine di Paesi del mondo. Consulente direzionale e perito del Tribunale, attento osservatore del territorio aretino, ha cessato l'attività per motivi di salute, dedicandosi alla scrittura e lavorando gratuitamente per alcune testate giornalistiche nelle vesti di opinionista. alessandroruzzi@saturnonotizie.it


Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.


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