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Mina, "la più famosa sconosciuta d'Italia"

Ritratto inedito per due nuovi dischi imperdibili

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“Ogni volta che Mina fa un disco incanta e zittisce tutti. Ogni suo lavoro arriva inaspettato e ti spacca in due”. La sintesi è di Emma Marrone ed è perfetta anche per salutare l’arrivo di “Cassiopea” e “Orione”, due costellazioni sonore zeppe di piccole stelle illuminate dalla voce miracolosamente integra della Grande Assente della musica italiana. Si chiama “Italian Songbook” ed è un progetto di riordino e riscoperta del suo immenso repertorio fatto di 1400 canzoni in oltre 100 album. Non una raccolta o una compilation, ma le prime due antologie di un progetto filologico che in sei dischi (gli altri quattro verranno pubblicati nei prossimi anni) vuole preservare, diremmo quasi mettere in sicurezza, il meglio della musica italiana rivisitata dalla sua più grande interprete.

In tutto 30 canzoni (di cui 28 già edite, anche se diverse sono state rimasterizzate) scelte da Mina ribellandosi a qualsiasi criterio se non quello di dare voce al suo gusto e al suo infallibile istinto e che spaziano da “La lontananza” a “Volami nel cuore”, da “Il cielo in una stanza” a “Oggi sono io”, da “Va bene, va bene così” ad “Almeno tu nell’universo” . “Si tratta di successi suoi, di successi della musica italiana e di alcuni brani che non hanno avuto la giusta luce come “L’uomo dell’autunno” e “Compagna di viaggio”, racconta Massimiliano Pani. In più due gemme inedite, “Un tempo piccolo” scritta da Califano e poi interpretata da Tiromancino e “Nel cielo dei bars”, incantevole brano jazz firmato da Fred Buscaglione. 

Ma la presentazione alla stampa di cui anche stavolta come da molti anni a questa parte si incarica Massimiliano Pani, che oltre a essere il primogenito di Mina è anche discografico ed editore della PDU, l’etichetta discografica di famiglia, è un’occasione imperdibile per tracciare un ritratto della “più famosa sconosciuta” d’Italia, come la definisce lui. Ovvero di una donna che della libertà, artistica e personale, e del coraggio ha fatto la sua cifra scegliendo 42 anni fa di sottrarsi all’abbraccio invadente dei media, della discografia e della tv, troppo rigidi di regole, superficialità e moralismi per non soffocarla. “Mina ha sempre avuto fiducia in chi ha coraggio e fa tutto senza pensarci un attimo. Quando arriva una cosa bella si fa e basta. Le sue scelte sono sempre state improntate alla più assoluta libertà artistica e ne ha sempre sopportato le conseguenze, perfino quando negli anni Settanta l’hanno massacrata perché ha avuto un figlio (ovvero, lui stesso, ndr) con un uomo che era già stato sposato. Nessuno più la fece lavorare in tv per anni. Bernardini fu l’unico a credere in lei. Da allora ha continuato a fare solo le cose in cui crede”.

E a chi non si dà pace all’idea di non vederla più in veste pubblica, spiega paziente: “Un’apparizione estemporanea non avrebbe senso. Mina molti anni fa si è resa conto che la tv stava cambiando e preferiva starne fuori perché si era stufata di vedere quella faccia lì su tutti i giornali. Prima di tanti altri artisti ha fondato una sua etichetta discografica reclamando una sua autonomia artistica e si è “vendicata” di quell’immagine, indossando via via la barba o travestendosi da fumetto e giocando con la sua immagine 20 anni prima di Madonna e 30 prima di Lady Gaga. L’idea stereotipata che i media davano di lei l’annoiava moltissimo. Così, ad esempio, a Mario Soldati che la intervistò su Epoca e le chiedeva cosa leggesse, rispose dissacrante: “Topolino”.

L’identikit continua attraverso altre piccole aperture che fanno da fendinebbia all’eremo scelto a Lugano e all’impenetrabilità di cui si circonda: “Legge di tutto, ascolta di tutto, da Bruno Mars a Billie Eilish. E se trova un brano che le piace, se lo ricorda a distanza di tanti anni. E magari decide di inciderlo perché secondo lei andava fatto in un altro modo. E così facendo gli regala un’altra vita, una seconda chance”.

In controluce, “semplicemente indagando le canzoni che sceglie, il suo sterminato repertorio” è altrettanto chiaro che Mina “è un’intellettuale nel vero senso della parola. Non ama le case, i gioielli, i potenti e il potere. Attraverso i suoi dischi e la scelta di sottrarsi a qualsiasi promozione la si capisce molto bene”. In quanto al mito invadente che la circonda da sempre ma che per lei è così noioso e poco produttivo, basta un aneddoto: “Quando avevo 11 anni”, racconta Pani, “arrivò a casa un telegramma di Paul McCartney. Lui si complimentava con Mina per la sua versione di “Michelle”. Scriveva che in mezzo a tante era quella che lui preferiva in assoluto. Ecco, Mina esclamò: “Che carino”. Poi prese quel telegramma e lo cestinò. Io ero stupefatto: “Ma come? McCartney? I Beatles? E lei: "Sì, certo, che carino, te l’ho detto". Ecco io non ho mai conosciuto una persona meno autocelebrativa e così poco indulgente verso se stessa”. Davvero fulminante.

Notizia e Foto tratte da Tiscali
© Riproduzione riservata
02/12/2020 05:59:06


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