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Paul McCartney al cubo

Un disco minimalista e con pochi fronzoli

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McCartney III. McCartney al cubo. McCartney in 3D. Come da uno stereogramma, Paul emerge in splendida forma. Costretto anch’egli a lavorare in smart working nel suo studio nel Sussex durante la quarantena della scorsa primavera, McCartney ha fatto quel che doveva, poteva, voleva e… sapeva. 
Con la sua personalità in bilico tra opposti, Paul ama gli estremi: “McCartney III” è l’antitesi di “Egypt Station”. Quest’ultimo era magniloquente e sovrabbondante, “McCartney III” è minimalista e con pochi fronzoli; il disco coprodotto con Greg Kurstin era pop con ambizioni da classifica, “McCartney III” lascia da parte la perfezione e guarda in direzioni sperimentali. 
Suonato e prodotto quasi tutto da Paul, “McCartney III” riporta un po’ di sana autarchia e rimanda alla tradizione dei suoi dischi eponimi del 1970 e 1980. Come questi, anche “McCartney III” non è perfetto, e non è un pecca: si tratta di uno degli album più “onesti” della carriera di Paul. Più complessa la macchina del marketing, con la pubblicazione di 42 versioni (per ora) da collezionare: fornirà un’eccezionale spinta all’ingresso in classifica del disco, previsto per l’uscita il 18 dicembre, una settimana dopo la data originariamente comunicata.
Al ristorante McCartney si serve haute cuisine, e come d’uso lo chef ha preparato piatti per tutti i gusti. Non si rinuncia alla varietà delle pietanze, stavolta senza elaborarle troppo, e anzi si servono anche crudité. Uscendo di metafora, “McCartney III” è un disco ruspante, che spazia tra folk acustico, stranezze dal sapore blues, jam e… solo una spruzzata di pop. Pur impeccabile dal punto di vista sonoro, l’album concede poco agli effetti scenici. É anche un lavoro autoindulgente, che non si preoccupa troppo della forma o degli equilibri: è qui il suo fascino. 

L'album, canzone per canzone

“Long tailed winter bird”: una delle aperture più insolite di un disco di McCartney. Costruita su un riff blueseggiante alla chitarra acustica, è una traccia quasi del tutto strumentale, ad l’eccezione di alcuni break con la voce fortemente processata. Paul picchia pesante sulla batteria e aggiunge qualche tocco al basso Höfner. Il riff principale è riprodotto anche dai sintetizzatori. 

“Find my way”: una delle poche canzoni dell’album in vena pop. Aperta da chitarre elettriche, clavicembalo e Mellotron, è un brano melodico. Nel middle eight McCartney canta in un registro acuto e le liriche sono toccanti, ispirate allo smarrimento seguito allo scatenarsi della pandemia. La coda presenta linee di chitarra che si avvolgono l’un l’altra, in una specie di dialogo.

“Pretty boys”: una canzone liricamente inusuale, che racconta la condizione di chi viene fotografato: Paul paragona il modello a una bicicletta a noleggio. Un quadretto dall’arrangiamento semplice: un folk elettro-acustico con chitarra arpeggiata, clavicembalo e ritornello wordless che si appiccica alle orecchie. 

“Women and wives”: una delle cose migliori dell’album. Brano senza corrispondenze nel canone di McCartney, è un ombroso lento per pianoforte, un “sermone ubriaco” cantato alla maniera dei vecchi bluesmen: è infatti ispirata a Lead Belly. Paul suona il contrabbasso e lascia anche qualche udibile imperfezione, che sottolinea le radici stilistiche della canzone.

“Lavatory Lil”: un blues-rock dal tono sarcastico. Incentrata su un frase pentatonica di chitarra elettrica, "Lavatory Lil" vanta una performance vocale di McCartney incisa in una sola take e ruspanti cori a risposta. Il testo è diretto a una persona “sgradevole” con cui Paul ha lavorato…

“Deep deep feeling”: il vero pièce de résistance dell’album, un viaggio sonoro definito “claustrofobico” da McCartney. Con il suo originale pattern di batteria, la canzone esplora acid-jazz, blues ed effetti sperimentali. Un unicum di 8 minuti e 26 secondi.

“Slidin’”: uno dei brani più heavy del canone solista di McCartney. Arrangiata con chitarre, basso e batteria, “Slidin’” ha una produzione eclatante. Saggiamente, la voce è lasciata sullo sfondo: un trucco astuto, che evita un’inutile “sovraesposizione”… e rende benissimo.

“The kiss of Venus”: tutta acustica, è la canzone dove Paul osa di più con la voce, impiegando il falsetto. Un po’ traballante? Forse. Esperimento riuscito? Alla fine vince la melodia, cantabilissima. Un clavicembalo dalle atmosfere rinascimentali è l’unico orpello dell’arrangiamento e impreziosisce l’interludio strumentale.

“Seize the day”: Paul non rinuncia a riempire di sorprese anche i brani più accessibili. Qui la produzione è essenziale, con batteria piena dei tipici fill alla McCartney, tecnicamente spartani ma efficaci. Il ritornello, sottolineato dalle chitarre elettriche, è uno dei momenti più orecchiabili dell’intero album. Una brillante variazione armonica chiude il pezzo.

 “Deep down”: un altro brano lungo (5:53), quasi una demo. “Deep Down” ha echi soul/R&B, con piano Fender Rhodes e batteria elettronica; un McCartney d’antan. La melodia è ridotta al minimo ma la malinconica linea di chitarra si fa cantare all’infinito. 

 “Winter bird” – “When winter comes”: il sipario su “McCartney III” cala su una nota dolce, con questo bozzetto acustico alla Buddy Holly risalente addirittura al 1992 e prodotto da George Martin. Una chiusura dimessa, e meravigliosamente lieve.

L'eloquenza della melodia

“McCartney III” è un disco che parla attraverso il non-messaggio. Paul ci ha abituato alla sua riluttanza nei confronti degli enunciati, preferendo a questi l’eloquenza della melodia: la forma come significato in sé, il bello artistico come spinta alla virtù. 
Se si può fare un album del genere a 78 anni, c’è qualcosa che val la pena indagare. Proprio quarant’anni fa in un’intervista per “McCartney II”, Paul si espresse così, e mi piace ricordarlo: “Non so cos’ero prima di nascere, ero lo spermatozoo che ha vinto sugli altri 300 milioni. Non ho memoria di un tempo così lontano, ma so che c’era qualcosa che lavorava per me ancora prima che nascessi, qualcosa di incredibile che ce l’ha fatta.” Eccome. I miei omaggi, Sir.

Notizia tratta da rockol.it
© Riproduzione riservata
21/12/2020 06:15:10


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