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Dalla Germania: “Dante vale meno di Shakespeare, copiò tutto da un arabo”

L’incredibile articolo di un editorialista tedesco della Frankfurter Rundschau

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Altro che “sommo poeta”. L’Italia va fiera del Dantedì, ma potrebbe farne benissimo a meno. Perché festeggia un autore furbo, poco originale e perfino plagiatore. Che non ha inventato la lingua, come si vuole far credere. Semmai ne avessimo sentito l’esigenza, a irrompere nella giornata solenne delle celebrazioni per l’Alighieri è un editorialista tedesco della Frankfurter Rundschau, Arno Widmann, che in prima pagina sul giornale di Francoforte sferra un attacco a freddo contro il nostro poeta fiorentino, immenso patrimonio dell’umanità, ma non secondo lui. Widmann crede moltissimo a quel che dice, delinea una sommaria carriera di Dante e sentenzia che una fama eterna, a suo giudizio, è immeritata.

Il commentatore è anche il fondatore del quotidiano Taz, nonché traduttore di Eco e Malaparte in Germania. Se la prende prima di tutto con la data stabilita dall’Italia per ricordare il fiorentino. Data presunta, tiene a specificare. Perché frutto di ricostruzione: si suppone che proprio il 25 marzo, era un Venerdì Santo, del 1300 Dante abbia intrapreso il suo viaggio nell’aldilà, attraverso l'inferno, il purgatorio e il paradiso. La "Divina Commedia" inizia con le parole: "Nel bel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita”. Visto che “una data di nascita del poeta non è mai stata registrata, si è concluso che Dante fosse nato nel 1265”, scrive Widmann. Poi incalza: “L'Italia lo loda come uno di coloro che hanno portato la lingua nazionale ai vertici della grande letteratura. In un certo senso, Dante si è costruito una lingua apposta per la sua opera, e da questa lingua è nata la lingua dei suoi lettori e poi dell’Italia”. 

Ma secondo lui, questa è la favoletta che si raccontava agli studenti negli Anni 60, visto che non volevano imparare il testo e facevano fatica a leggerlo. Quella di Dante non era nient’altro che la lingua “volgare”, cioè la lingua del popolo. “Non abbiamo idea se Beatrice, cantata dall'autore, sia mai esistita – scrive ancora -. Ma sappiamo che, come i suoi modelli, era molto importante per lui creare un calore di sensazioni che portasse empatia nel lettore”. E qui il giornalista lo accusa di aver scimmiottato i poeti in lingua d’oil come Brunetto Latini, esiliato in Francia, e di essersi messo in “competizione con lui, volendo provare a superarlo”. Ma l’amico di Dante, Brunetto, anche lui fiorentino, era più furbo e avrebbe scritto il suo Trésor in francese (una forma arcaica) perché quella era la lingua delle poesie d’amore. 

E non è tutto, il “disonesto” Dante spedisce Paolo e Francesca all’Inferno, attribuendo il loro destino infausto alla volontà di Dio, in modo da poterlo rimproverare per questo. Ma, dice Widmann, non è stato Dio, ma Dante stesso che si è innalzato a giudice supremo. La vetta massima della critica del tedesco, presa molto seriamente sulla Frankfurter Rundschau è che, “come scriveva T. S. Eliot, che pubblicò un piccolo trattato su Dante nel 1929”, non sarebbe altro che un “autore di facile lettura. E ha ragione”. Confrontando “le singole metafore con molta attenzione”, l’immaginazione del poeta fiorentino con quella del poeta inglese, “gli sforzi di Shakespeare ci sembrano anni luce più moderni”, sentenzia Widmann. “L'amoralità di Shakespeare” è assai meglio del vizio di Dante di “avere un'opinione su tutto, portare tutto al tribunale della propria moralità”. 

Infine, il plagio: La Commedia non sarebbe originale. A dirlo, secondo il giornalista, sarebbe stato lo studioso spagnolo Asín Palacios nel 1919, che affermò che Dante si era basato su un poema mistico arabo in cui si narra l’esperienza dell’ascesa al Cielo. Peccato che tutti i dantisti l’abbiano smentito. Senza voler censurare Widmann, come si dice: delle volte “sapiens est, qui tacere novit”, “un bel tacer non fu mai scritto”.

Notizia e foto tratte da La Stampa
© Riproduzione riservata
25/03/2021 19:59:04


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