Opinionisti Marco Cestelli

Quando metti su famiglia?”

Ma che sei matto? Ho altro da fare, è roba del secolo scorso

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Un paese che non “fa figli” è un paese che decresce, che decade, che si arrotola su se stesso. Lo sappiamo, ce ne rendiamo conto benissimo ma con tutti i problemi che abbiamo e tutte le battaglie femministe, maschiliste, di genere, di comprensione, di modernità, che ci possiamo fare? “Per dare un figlio alla patria ci voglion vent’anni” mentre i problemi sono contingenti, reali e presenti. Dal 2008 in Italia è diminuita fortemente la natalità, durante la pandemia questo processo si è accelerato; dopo la guerra, invece, ci fu un boom di nascite; eppure onestamente stiamo meglio ora di allora, quello che cambia è lo spirito del tempo, il credere nel futuro, la visione ottimistica della vita.
Perdiamo 150.000 italiani ogni anno.

A scanso di equivoci, ogni deviazione “sessuale” dalla norma viene definita erroneamente “contro natura”, nel mondo animale esistono tutte le “deviazioni” che noi indichiamo come “diversità” e in migliaia di esempi. Il problema è solo ed esclusivamente sociale, di accettazione dello stato di natura delle cose. Di fatto è la nostra società che concepisce la famiglia come unica e privilegiata unità sociale che permette un armonico rapporto sesso/figli/educazione/crescita. E sono concorde su questo ma l’implicazione successiva prevede un drammatico assunto: al cambio di sensibilità sociali, di progresso sociale, la “famiglia” tradizionale rimane indietro, non si è adeguata, culturalmente relegata al “novecento”, il secolo breve, mentre negli anni 2000 assistiamo al secolo debole, “liquido”, precario.

Perché si fanno meno figli? Sono diminuite le disponibilità economiche delle generazioni più giovani, è diminuito l’ottimismo nel futuro, sono diminuiti i giovani in età fertile, non sono sufficienti i sostegni pubblici come asili, nido/infanzia/materna e spesso sono costosi; le donne hanno diritto e spesso il dovere di lavorare, il lavoro femminile non aiuta certo la maternità, i padri non sono adeguati ad essere sufficientemente parte attiva verso i figli, devono lavorare di più guadagnando meno di quello che necessita per pensare ad una famiglia a monoreddito, i nonni abbondano ma non sono sempre sufficientemente e fisicamente vicini alla giovane coppia. Insomma un bel caos a cui si aggiungono altri fattori, secondo me peggiorativi, che esulano dall’intervento pubblico. Infatti lo stato può e deve fare molto di più per facilitare la maternità, con sussidi e vincoli legislativi può favorire le madri a discapito delle non madri sul lavoro, può e deve creare facilitazioni economiche, sgravi fiscali, bonus, asili e scuole, mutui prima casa agevolati, baby sitter convenzionati, ecc. Però lo stato non può rendere più interessante ed etico, bello e soddisfacente, culturalmente e socialmente desiderabile “mettere su famiglia”.

In effetti il primo problema della famiglia è proprio questo, non è più adeguata al “sentire” dei nostri tempi: non sono solo questioni economiche e sociali, non è più prioritario il progetto dell’abito bianco in chiesa, del coronamento di un percorso di crescita in cui “si mette su famiglia”; questo non è un “sentito dire” bensì un trend certificato: tutti hanno diritto ad una lunga gioventù (giusto!), tutti hanno diritto a studiare e a “farsi una posizione” (giusto!), le motivazioni religiose mi sembrano francamente in ribasso e le famiglie non mi sembrano spingere i figli verso il matrimonio (giusto!). Meglio “divertirsi” prima con palestre, apericena, vacanze e viaggi, frequentazioni libere, test di convivenza, insomma ricerche edonistiche meno impegnative e che lasciano margini di tempo per rimanere giovani (giusto!).

Risultato: i primi matrimoni sono in forte flessione rispetto al 2008: da 185.749 a 123.509 nel 2019 (-33,5%). Il rinvio delle prime nozze è dunque sempre più accentuato: attualmente per i primi matrimoni entro i 49 anni di età gli uomini hanno in media 33,9 anni e le donne 31,7. Le libere unioni sono sempre più diffuse anche nel caso di famiglie con figli; l’incidenza di bambini nati fuori del matrimonio è in continuo aumento: nel 2019 un nato su tre ha genitori non coniugati. Ah dimenticavo, oggi ogni 100 coppie che si sposano (con le varie modalità) 45 si separano, sembra che nel 2030 nel mondo la tendenza alla separazione e il divorzio aumenterà del 78%.

Ultima nota a margine, spesso si sente dire che “non ci sono più gli uomini di una volta”: qualsiasi cosa voglia dire questa frase possiamo tranquillamente affermare che la relativizzazione del maschietto di casa, stante così le cose, mi sembra la logica conclusione; in caso di separazione i costi sono, in buona misura, suoi (casa compresa), il suo ruolo di genitore sempre più relativo, i costi sociali altissimi: in pratica sposarsi e/o fare un figlio equivale a mettersi in pericolo col 50% di probabilità. Un atto di coraggio non da poco (che ovviamente riguarda anche le donne che però determinano il 74% delle separazioni).

Dice Papa Francesco: mantenersi giovani non è farsi selfie e ritocchi ma dal potersi specchiare un giorno negli occhi dei propri figli. Concluderei dicendo che sarebbe il caso di non leggere più, nei social, di madri e padri che si atteggiano a eroi perché mettono al mondo un figlio e (udite udite) lo accudiscono. Saremo un paese di vecchi mal gestiti e soli, una società economica in decrescita continua e che alleverà molti cani e gatti (castrati) per non esser soli del tutto.   

PS: io ho due figli, la cosa più bella e importante della mia vita.

Redazione
© Riproduzione riservata
05/06/2021 19:34:26

Marco Cestelli

MARCO CESTELLI: Persona molto conosciuta a Sansepolcro, studi economici e commerciali a Milano, manager e imprenditore, scrittore, conferenziere e comunicatore, ha viaggiato in molte parti del mondo, ha sperimentato innovazioni e il valore della cultura. Legatissimo alla sua terra ama l’arte e la storia, la geopolitica e la cultura europea. Sa di non sapere mai abbastanza.


Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.


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