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La zia di Eitan: “Voglio riavere il piccolo al più presto”

L’avvocato del nonno: “Si trovi un accordo, rischia di finire in una casa famiglia”

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La zia del piccolo Eitan è in Israele «per riportarlo a casa sua in Italia modo pacifico e senza ritardi»: lo conferma Or Nirko, zio paterno del bimbo unico sopravvissuto nella strage del Mottarone, ai giornalisti davanti alla sua abitazione a Travacò Siccomario, in provincia di Pavia. La donna è accompagnata da funzionari diplomatici e dovrà ora entrare in quarantena. «La signora Biran-Birko - spega un portavoce – è turbata dalle informazioni circa lo stato psicologico e mentale di Eitan e di quanto viene compiuto dai suoi rapitori nel lungo periodo che è nelle loro mani». «La casa di Eitan - ha proseguito - è in Italia, lui deve rientrare senza ritardi affinché possa proseguire i suoi studi in prima elementare che aveva iniziato una settimana prima del rapimento e che aspettava con ansia e a cui si era preparato molto. E che possa proseguire le cure di riabilitazione e di sostegno mentale in corso, interrotte a causa del rapimento». Il Tribunale della Famiglia di Tel Aviv intanto, ha anticipato l’udienza a giovedì 23 settembre, mentre la zia ha chiesto ufficalmente al Procuratore generale israeliano, Avichai Mandelblit, di «riavere il piccolo al più presto, sulla base della Convenzione dell’Aja». La donna si è anche presentata spontaneamente davanti alla polizia per essere interrogata. Ieri era intanto trapelata – e confermata – la notizia della terza persona indagata per «sequestro di persona aggravata»: oltre al nonno e alla nonna, nel fascicolo della procura compare il nome di un 56enne israeliano che era alla guida dell'auto su cui viaggiavano Shmuel Peleg e il bambino per raggiungere la Svizzera. Nonno, nipote e autista erano stati fermati per un controllo e poi identificati dalla polizia svizzera, nei pressi dell'aeroporto di Lugano, dove Peleg ed Eitan sono saliti su un volo privato con destinazione Israele. Il terzo indagato potrebbe essere la stessa persona che il giorno prima aveva affittato l'auto, una Golf blu, a Malpensa. «Il ritorno di Eitan a casa in Italia appare più urgente che mai», insistono i legali della famiglia Biran in Israele, Shmuel Moran e Avi Chini. Hagai Biran, insieme alla moglie, ha incontrato Eitan a Tel Aviv, a casa del nonno materno Shmuel Peleg, e da questo incontro «hanno ricavato un'impressione, a loro dire, allarmante sullo stato psicologico del nipote». «Anche se Eitan appare in condizioni fisiche buone – sostengono gli avvocati - è preoccupante notare nel piccolo chiari segni di istigazione e di lavaggio del cervello». 

«Mi aspetto – conclude l'avvocato Avi Himi – che lo Stato d'Israele assicuri il suo immediato ritorno in Italia, oggi. Non domani, né dopodomani. E ovviamente mi aspetto che il nonno sia perseguito per sequestro, perché sta violando la legge: chiunque conosca la Convenzione dell'Aja sa che spetta alle autorità israeliane lavorare per l'immediato ritorno di Eitan in Italia».

L’avvocato del nonno: «Le famiglie trovino un accordo, Eitan rischia di finire in casa famiglia»
La famiglia materna e quella paterna di Eitan Biran «si siedano a un tavolo e trovino un accordo, è quello
che auspico. Avrebbero dovuto farlo sin dall'inizio» ed è una «questione di buon senso». Perché «se Eitan torna in Italia, la situazione non si risolve, si rischia il conflitto, una guerra che non è nell'interesse del bambino». Anzi, c'è anche «il rischio di una collocazione extrafamigliare, in una casa famiglia o presso i servizi sociali o un soggetto terzo in attesa di verificare le ragioni delle parti».

Mentre «l'auspicio per il bene del minore è trovare una sede diplomatica, quindi anche extra giudiziale, dove le parti possano confrontarsi e trovare un giusto accordo sul minore e sul suo futuro».

Così ad Adnkronos l'avvocato Sara Carsaniga, che rappresenta la famiglia materna di Eitan e quindi il nonno Shmueg Peleg che ha portato il piccolo in Israele una settimana fa, parla di una vicenda che definisce «delicatissima sotto il profilo umano e giuridico».
«Il rimpatrio di Eitan non modificherebbe la richiesta di affidamento della famiglia materna», spiega Carsaniga, sottolineando come «la presunta condotta del nonno non inciderà sulla possibilità della famiglia materna di rivendicare l'affidamento del bambino». Carsaniga afferma che «la questione penale prende la sua strada» che «non ha un'incidenza particolare e per il diritto italiano non preclude i
diritti che la famiglia materna rivendica». Inoltre «entrambe le famiglie hanno diritto all'affidamento», quella  della zia «deve dimostrare di essere davvero idonea alla crescita del minore e che non ci siano pericoli per il bambino in caso di ritorno» in Italia.
«Se entrambe le parti sostengono di non avere interesse alla gestione patrimoniale, la soluzione esiste già essendo stato nominato un protutore terzo. Rimarrebbe aperto e da dirimere tra le famiglie e la collocazione del minore e i diritti di visita», prosegue, spiegando che «Israele dovrà valutare la complessa  documentazione» fatta di «cinquecento pagine di atti da tradurre»

Sui tempi del procedimento, Carsaniga non formula previsioni spiegando che i tempi «normalmente li prevede il giudice civile che applica la Convenzione dell'Aja» e che «di solito si sviluppa in diverse udienze» e quindi «in alcune settimane» per «accertare le condizioni giuridiche che le parti sostengono con tesi contrapposte».
Il 22 ottobre abbiamo udienza sulla validità o meno delle decisioni del tribunale di Pavia, aggiunge l'avvocato, ricordando che «la nomina di un tutore può sempre essere modificabile». Nel caso di Eitan la nomina è stata fatta a Torino e riguarda «esclusivamente affari urgenti di carattere medico». Ora è in discussione «una nomina fatta in quel contesto davanti a una persona (il nonno di Eitan, ndr) che non conosceva la lingua e non capiva a cosa stesse rinunciando.  Aveva diritto anche lui a chiedere la tutela». In discussione anche «lo spostamento a Pavia dell'istruttoria e su questo è stato inoltrato un reclamo», spiega. E riflette: «pensiamo di portare il bambino qui. E poi ci accolgono il reclamo. Cosa facciamo, lo riportiamo di là?».
Eitan è «un bambino dei giorni nostri», dice, e «la sua patria è sia Israele, sia l'Italia. La sua famiglia è tutta israeliana, è un bambino di origine israeliana. Le sue famiglie sono israeliane ed è cresciuto anche nella cultura italiana. Perché dividerlo? Perché definirlo solo italiano o solo israeliano?».

Notizia e foto tratte da La Stampa
© Riproduzione riservata
20/09/2021 05:33:58


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