Opinionisti Marco Cestelli

L'Italia tra storia e post storia

La crisi Ucraina: al posto delle trattative ora ci sono i cannoni e le bombe

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In questi giorni, anzi da un po’ di mesi, stiamo assistendo alla “pressione militare” russa sull’Ucraina. Fin qui potremmo dire che è una novità relativa anche se è grave per mille implicazioni. Poi mi sono chiesto: ma quanto costa alla Russia uno scenario di questo tipo? Non sono in grado di fare valutazioni belliche ma è evidente un fatto, direi oggettivo: il PIL russo è 1.687 mld di dollari, il PIL dell’Italia è 2.005 mld di dollari (dati 2019), loro sono 145 milioni di abitanti, noi 60. I russi hanno speso nelle forze armate 62 mld e noi 29 (2020). Insomma i russi sono disposti a costi ingentissimi in armamenti e armate a discapito di un PIL pro-capite ridicolo (appena sopra a quello della Bulgaria) e sarebbero disposti a costi esorbitanti per le loro ragioni geopolitiche in Ucraina, cosa che noi neanche ci sogneremmo (abbiamo, di fatto, perso la nostra influenza in Libia nonostante il costo sarebbe stato infinitamente inferiore). Come è possibile questo squilibrio? Tra “burro e cannoni” loro preferiscono questi ultimi?

Quello che appare un dislivello fisiologico, che noi diamo per scontato, in realtà non lo è affatto; dimostra al contrario la nostra particolare percezione della realtà che è antistorica, nel senso che è proiettata in un futuro ipotetico fatta di progresso sociale ed economico in contraddizione con la naturale storia dell’umanità. Tutto bello e giusto, se il mondo girasse come pensiamo noi, se tutti i paesi credessero ai nostri stessi valori. Dispiace dirlo ma non è affatto così; USA e NATO ci hanno permesso di fruire della loro coperta calda e mantenere un basso profilo militare, ci hanno permesso (anzi consigliato) di andare in vacanza dalla storia, di pensare all’economia e al progresso civile, al benessere, in cambio di fedeltà e obbedienza ai loro giochi geopolitici. Ma non tutto il mondo la pensa così, anzi è quasi il contrario.

Ci sono paesi che vivono “il sentimento nazionale” in base al loro percepire se stessi come “potenza”. Chi? USA, Russia e Cina. Poi Turchia, Iran. In parte Gran Bretagna e Francia. Germania e Giappone hanno stracciato questo sentimento dopo il 1945, bruscamente e scientificamente. Tralascio considerazioni sulla vecchia visione di potenza dell’Italia. Ecco che da pochi anni è suonata una sveglia, è l’ora di capire che il mondo non è bello e buono, l’uomo non è un coacervo di sentimenti e visioni ottimistiche come in Europa (occidentale) ci eravamo illusi di credere. Ora la storia presenta il conto e non siamo mentalmente pronti. Dopo il 1945 gli USA hanno preso possesso di tutto l’occidente, di tutte le rotte commerciali, di tutti gli stretti marittimi e ci hanno detto: “ragazzi voi pensate all’economia, al commercio, al welfare, alla sanità, insomma arricchitevi e lasciate a me la geopolitica, le decisioni internazionali, siate fedeli e allineati, tanto abbiamo interessi comuni e gli altri stanno peggio.” E così è stato.

In oltre 70 anni di pace e crescita economica e sociale abbiamo creduto che il mondo guardasse a noi come modello assoluto, che la democrazia e il diritto internazionale fossero dei valori universali, che libertà e pace fossero diritti e valori validi per ogni popolo. Non è così. Molte nazioni (vedi Russia di questi giorni) sono disposte a rinunciare a molte cose pur di mantenere uno status di “potenza”, della democrazia di tipo europeo non sanno che farsene, come dei diritti delle minoranze, delle donne, dei gay, LGBTQ, le perequazioni sociali, ecc. preferiscono mantenere un “sentire comune” più storico, più tradizionale, più autoritario ma efficiente. Anzi diciamo pure che ci guardano con tenera commiserazione: la Cina (e non solo) ci dicono chiaramente che il nostro mondo è in declino inesorabile, che mentre noi discutiamo di filosofia del diritto, di democrazia, sottoponendo il sistema elettorale a votazioni periodiche alla ricerca di consenso e di legittimità popolare, loro decidono e risolvono molto più efficientemente i problemi, sono più veloci e decisi.

La crisi Ucraina ci grida nelle orecchie un fatto nuovo: al posto delle trattative, delle convention, dei summit ora ci sono i cannoni e le bombe, con le armate schierate si discute meglio e si porta all’attenzione internazionale le proprie ragioni; prima lo potevano fare solo gli USA ora lo possono fare anche gli altri. La Russia ha preso possesso dello scenario siriano, di quello caucasico, dell’oriente libico, del Mali e centro sub sahariano, dell’artico e tenta di avere una sponda cinese se gli USA non lo tratteranno da pari. La Turchia sgomita su tutto lo scenario asiatico musulmano, sul medio oriente siriano, sulla Libia occidentale, sulle isole greche e il bacino marittimo orientale. La Cina si sta comprando mezza Africa, sviluppa le Vie della Seta, e tenta di riassorbire Taiwan. In tutto questo qual è l’interesse dell’Italia? E dell’Europa? Ho paura che ci stiamo incartando sulla nostra visione felicemente post storica, mentre noi discutiamo di diete vegetariane e diritti degli animali gli altri hanno già gli anfibi ai piedi. La cosa che francamente mi preoccupa è che molti da noi fanno il tifo per loro.  

Redazione
© Riproduzione riservata
21/02/2022 09:59:06

Marco Cestelli

MARCO CESTELLI: Persona molto conosciuta a Sansepolcro, studi economici e commerciali a Milano, manager e imprenditore, scrittore, conferenziere e comunicatore, ha viaggiato in molte parti del mondo, ha sperimentato innovazioni e il valore della cultura. Legatissimo alla sua terra ama l’arte e la storia, la geopolitica e la cultura europea. Sa di non sapere mai abbastanza.


Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.


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