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E' nato il comitato Crinali Bene Comune

Per tutelare Valmarecchia e Montefeltro dall’eolico selvaggio

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Chi siamo

Il gruppo “Crinali Bene Comune” è composto da alcuni cittadini – abitanti e amanti della Valmarecchia con competenze e professionalità differenti – accomunati dall'amore per il territorio di cui vogliono continuare a prendersi cura con proposte e azioni il più possibile condivise e partecipate.

Il gruppo è dedicato all’informazione, all’approfondimento e al dialogo, a partire da questioni ambientali inerenti la crescente occupazione dei crinali da parte dell'industria eolica, in particolare nel territorio dell’Alta Valmarecchia e della regione storica del Montefeltro, area cosiddetta interna, di confine fra Emilia-Romagna, Toscana e Marche, il nostro territorio.
Attraverso “Circolo Di.Vento” ci stiamo impegnando nell’organizzazione di azioni di sensibilizzazione e di approfondimento su questi temi, con l’obiettivo di proporre elementi di informazione scientifica e laica rivolta ai cittadini e agli amministratori, nel tentativo di colmare un vuoto, più o meno voluto, su questioni complesse che riguardano direttamente le popolazioni locali e indirettamente il paese intero.


Il contesto

Il nostro è un territorio con un paesaggio di pregio, ricco di beni storico-architettonici, integro, tutelato e custodito nella sua bellezza per secoli, considerato 'di periferia' nonostante presenti un contesto sociale vibrante e attivo e nonostante si stia affermando come centro di interesse culturale e come nodo di scambio con altre realtà che sui crinali – appenninici e alpini – stanno sperimentando modelli innovativi e virtuosi di ripopolamento e di valorizzazione del territorio e delle sue risorse.

Alta Valmarecchia e Montefeltro sono, per conformazione e posizione geografica, una delle aree di maggior pregio botanico e faunistico dell’Appennino, con numerose aree protette, tra cui il Parco Interregionale del Sasso Simone, l’adiacente Riserva Naturale del Sasso di Simone e la Riserva Naturale dell’Alpe della Luna.

In questo territorio si è inoltre evidenziata, negli anni, una grande propensione al cambiamento e capacità di utilizzo degli strumenti previsti dalle Istituzioni europee, nazionali e locali, per favorire una transizione ecologica e migliorare la qualità di vita degli abitanti.
Con la Strategia Nazionale Aree Interne (Snai) il Governo italiano ha identificato l’Alta Valmarecchia come uno dei territori della penisola vocati a sperimentare pratiche di sviluppo fortemente connotate da un approccio partecipativo, mettendo a disposizione risorse economiche per sviluppare progetti in diversi ambiti tra cui i trasporti, il welfare, la scuola, ecc. Tutto ciò ha favorito una certa fiducia da parte di associazioni, abitanti, imprese, nell’investire in questo territorio, che da anni dichiara a livello politico la propria propensione alla cura dell’ambiente, del paesaggio, delle filiere corte, dei siti culturali.

Cosa sta succedendo

Nonostante tutto questo, i nostri 'monti in movimento' – quelli di cui Paolo Rumiz parla nel suo libro “La leggenda dei monti naviganti”, monti il cui ecosistema unico è soggetto, per natura geologica e sismica, a dissesti e frane – sono ora minacciati da uno dei tanti progetti di impianto eolico che stanno nascendo in Italia come funghi. Denominato Badia del Vento, è voluto dall’Amministrazione comunale di Badia Tedalda, in provincia di Arezzo, ed è in corso di autorizzazione da parte della Regione Toscana.

Si tratta di un impianto previsto all’interno di un disegno complessivo di trenta pale tra Valmarecchia e Val Tiberina, costituito da sette aereogeneratori alti 180 metri, con piede in territorio toscano ma a ridosso del confine con l’Emilia-Romagna e con le Marche, sul crinale del Monte Loggio, a quasi 1200 metri sul livello del mare.

Ma quale visione anima le scelte politiche e quali sono le prospettive a breve, medio e lungo termine, anche a fronte della crescente incertezza climatica? Quali strategie e quali infrastrutture per la transizione ecologica si coniugano in modo più appropriato con le diverse qualità dei territori che contraddistinguono il nostro paese e con la diversificata domanda sociale delle comunità che li abitano? Quali gli impatti diretti e indiretti delle diverse soluzioni tecniche e infrastrutturali sul paesaggio, sull’ambiente e sulle comunità? Quali i soggetti legittimati a operare trasformazioni territoriali?
Infine, laddove le attuali politiche europee e nazionali incentivano la partecipazione delle comunità locali, in che modo possono queste contribuire attivamente ai processi decisionali che determinano le scelte invece di subirne soltanto le conseguenze o di essere denigrate come 'nimby' per il solo fatto di non voler pagare un prezzo troppo alto in nome di un fantomatico interesse collettivo che, in assenza di normative chiare, si riduce di fatto a un interesse meramente privato?
Riteniamo siano domande che occorre porsi, e riteniamo sia necessario informare, aprire dibattiti, creare arene in cui i cittadini siano coinvolti realmente nelle politiche territoriali.
 

Cosa possiamo fare

Pur con la consapevolezza che l’attuale crisi delle risorse impone apertura verso misure alternative per l’approvvigionamento energetico e che l’energia del vento possa rappresentare una soluzione sostenibile, riteniamo urgente risvegliare una visione collettiva critica fondata su due principali cardini: il rafforzamento del concetto di paesaggio e dei crinali come “beni comuni”, non assoggettabili agli interessi di pochi, nemmeno sotto il cappello della transizione ecologica; inoltre, il superamento della tradizionale dicotomia pubblico-privato, per accogliere forme innovative di partenariato con le comunità locali e promuovere efficacemente la transizione ecologica nell’interesse comune.

Queste, dunque, le nostre finalità:

•        contrastare la realizzazione di infrastrutture e reti tecniche, inclusi gli impianti per la produzione di energie rinnovabili, laddove localizzate in aree non idonee, ovvero in vicinanza di centri storici e beni tutelati, di aree naturali protette o siti di importanza comunitaria e in zone fragili, a rischio idrogeologico e sismico

•        contrastare forme di speculazione e di consumo di suolo che sotto il cappello della transizione ecologica contribuiscono alla devastazione dei nostri patrimoni comuni, ovvero i beni culturali e paesaggistici, o che danneggiano il fragilissimo ambiente delle montagne appenniniche, incluse flora e avi-fauna

•        promuovere e favorire la realizzazione di impianti di energie rinnovabili di dimensioni proporzionate e in aree idonee (zone industriali o da riqualificare o già edificate con interventi compatibili col territorio circostante), limitando il consumo di suolo e di risorse, proponendo soluzioni sociali e tecniche adeguate ai territori e a diverse scale

•        favorire la partecipazione delle comunità locali nei processi decisionali, nelle attività di progettazione e gestione delle reti tecniche rendendole beneficiarie dei progetti attraverso la creazione di arene di partecipazione che consentano a queste di avere pari dignità nel dialogo con istituzioni e privati

•        promuovere azioni di sensibilizzazione e di approfondimento, utilizzando sia strumenti della ricerca scientifica sia strumenti creativi (seminari, conferenze, eventi culturali, attività escursionistiche, installazioni artistiche) per rafforzare coesione e sensibilità della comunità intorno a questi temi e contribuire a diffonderli.

Redazione
© Riproduzione riservata
23/03/2023 14:18:08


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