Sul marchio Borsalino indagati Camperio, cda e Mediocredito: si ipotizza la bancarotta

Questa l’accusa alla base del provvedimento di sequestro firmato dal gip
Sono sette le persone iscritte nel registro degli indagati dal pm Tiziano Masiniche rappresenta l’accusa nel procedimento civile sul fallimento Borsalino che a questo punto scivola inevitabilmente nel penale. Le ipotesi di reato sono quelle di bancarotta preferenziale e bancarotta impropria: riguardano la cessione del marchio da parte del Mediocredito all’imprenditore italo svizzero Philippe Camperio, che gestisce in affitto il cappellificio. Indagati, oltre a lui, tre funzionari della banca che seguirono l’operazione e i tre componenti del cda della società: Marco Moccia, Saverio Canepa, Raffaele Grimaldi.
L’indagine ha portato nei giorni scorsi al sequestro cautelativo, su richiesta del pm firmata dal gip Paolo Bargero, del marchio Borsalino. Un provvedimento che si basa sulla sentenza di fallimento contro cui è stato fatto ricorso (appello il 13 marzo a Torino) e dove si prefigura un accordo affinché Camperio s’impadronisse del marchio stesso che rappresenta un bene fondamentale senza il quale sarebbe praticamente impossibile ai curatori fallimentari cedere ad altri il cappellificio.
Il marchio era stato ceduto alle banche dieci anni fa dall’allora proprietario Roberto Gallo, in cambio di denaro fresco e con l’impegno di ricomprarlo a rate. Nelle more della complessa vicenda Borsalino - con la richiesta di due concordati preventivi, uno revocato e l’altro respinto - le rate non erano più state pagate per un certo periodo e il Mediocredito aveva risolto il contratto. Si era allora presentato Camperio, acquistandolo in contanti per 17,5 milioni: «L’ho fatto - sostiene - per evitare che finisse nelle mani di soggetti non interessati a mantenere la Borsalino ad Alessandria, mentre io l’avevo inserito nella richiesta di secondo concordato». Invece giudici sostengono che dovesse restare nel fallimento e finire fra i crediti chirografari, con un deprezzamento che sarebbe costato un bel po’ alla banca.
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