Si fa presto a dire…America…
Ma da dove comincio? Non in America ma a Roma
Si fa presto a dire America: ovvero considerazioni personali sugli Stati Uniti, Italia e tanto ci siamo sul resto del mondo visto da lontano. Attualmente sono al confino a Tuchan, dans la France profonde nel sud fra Narbonne e Perpignan, lungo in contrafforti dei Pirenei. Sembra un posto ideale, vedute da cartolina, ma anche qui ci son problemi, ne parlerò.
Ho preso in prestito questo titolo dal giornalista Vittorio Zucconi, infatti questo è il titolo d’un libro che scrisse alla fine degli anni ottanta dopo un lungo viaggio assieme al fotografo Guido Cassetta. Vittorio e Guido, amici miei, traversarono in macchina in lungo e in largo gli Stati Uniti, l’unica conclusione: ci sono tante Americhe, spesso in contraddizione l’una con l’altra. Vittorio è morto l’anno scorso.
Nel prossimo futuro cercherò, grazie all’ospitalità che Saturno Notizie mi ha offerto, di condividere con voi le mie esperienze americane e altre sperando di ci siano informazione meritevole. Viviamo tutti nella storia, anche quelli che la storia non la leggono perché noiosa. Siamo tutti protagonisti e non spettatori, il palcoscenico è grande e spesso non vediamo chi c’è dall’altra parte.
Ho 79 anni e ho avuto modo di evolvermi, volente o nolente, con le mie esperienze e magari non nella maniera giusta come avrei voluto. Le grandi decisioni della mia vita, come scegliere a un bivio un sentiero piuttosto d’un altro, sono spesso state prese da qualcun altro, che poi non sapeva neanche che mi avrebbe cambiato la vita. Qualcuno ha detto questo prima di me, forse era Tolstoi?
Ma da dove comincio? Non in America ma a Roma.
Una domenica sera d’inverno, circa 20 anni fa, arrivai in treno a Roma, stazione Termini, ed era già buio. Feci la fila per prendere un taxi per andare all’hotel. Sapevo che il tassista non sarebbe stato contento quando avrei detto il nome dell’hotel Quirinale, per lui era una corsa molto breve. Locato all’inizio di via Nazionale, era facilmente raggiungibile a piedi dalla stazione, cosa che avrei fatto se non avessi avuto una valigia pesante come quella sera. Il giorno dopo sarei partito per Boston. Quel pomeriggio c’era stata un’attesissima partita di calcio fra la Lazio e la Roma e anche se non sono mai stato un grande appassionato di calcio ero curioso di saperne il risultato, così chiesi al tassista:
“Chi ha vinto il derby?”
Nessuna risposta, silenzio assoluto, capii subito che non avevo fatto la domanda giusta. Solo quando arrivammo davanti all’hotel mi rispose a denti stretti:
“Quegli altri!”
Ma chi erano gli altri?
Finalmente accennò un leggero sorriso quando vide che ero stato generoso con la mancia.
Faci la stessa domanda al ricevimento dell’hotel e solo allora scoprii che il tassista era un laziale, la Roma aveva vinto e aveva vinto alla grande. Il giorno dopo avevo un incontro di lavoro e i miei interlocutori erano tutti soddisfatti, euforici, loro erano tutti romanisti. Ricordo anche che domandai:
“Ma come fa un bambino nato e cresciuto a Rome a scegliere la squadra per cui poi tifare?”
Ci furono varie risposte, ovvia quella della tradizione di famiglia, poi se ne aggiunse una che dava un convoluto carattere politico alla scelta. Ci sono altri che risolvono il dilemma in maniera radicale, e non so quanto siano comuni, ovvero optano per una squadra lontana, non romana. L’amico Tonino, che abita come me a Marblehead, è un tifoso del Milan.
Ma si sceglie un partito, una certa linea politica in cui credere nella stessa maniera? Discorso lungo e complesso e senza una vera risposta.
A me erano simpatici i Troiani ed anche i Cartaginesi, nessun dubbio sarei stato con Spartaco e di certo a Campaldino coi Ghibellino, ecco ho fatto una lista di sconfitti.
Andiamo avanti.
L’altra sera ho ascoltato il discorso del Presidente del Consiglio Conte, m’è parso che nel dare le direttive della nuova fase di “liberazione” con le date dei differenti momenti per portare a termine l’isolamento ci fosse un tono triste nel dare agli italiani una tale notizia. Certo sarebbe stato di gran lunga più facile per lui poter dire:
“Il coronavirus è stato debellato, siamo tutti sani e al sicuro. Domani si ritorna al primo di gennaio quando ci siamo ottimisticamente scambiati gli auguri per un buon anno. Tutto torna come prima.”
Ho sentito veri interventi dell’opposizione, prevedibili, dettati da precise posizioni politiche, spesso divagando dal problema del morbo, trovando altri nemici come i clandestini che sbarcano. Successivamente, leggendo commenti su Facebook, sapendo da chi venivano, non ci sono state sorprese, li avrei potuti scrivere io per loro in anticipo. Sarebbe bello, un’ottimistica illusione, poter vedere che tutte le forze politiche facessero fronte comune contro un nemico comune che non rappresenta nessun partito. Ma no, i laziali non si allineeranno mai con i romanisti neanche sul coronavirus, loro avrebbero preso decisioni differenti che avrebbero debellato il morbo prima e brillantemente sanato la situazione economica.
Di certo sono stati fatti errori su tutti i fronti nel valutare la gravità del morbo, della pandemia e chi li ha fatti porterà il peso della responsabilità delle scelte. Scelte politiche? Scelte scientifiche? Questo non è uno di quei bivi prendiamo individualmente, è uno di quelli collettivi e non sappiamo dove ci porterà.
Scrolliamo sconsolati le spalle con un: “Nişune nasce 'mparate!”
Qui in Francia la situazione è simile, ma non proprio, il sistema istituzionale basato su un tipo di repubblica presidenziale dà al presidente Macron poteri esecutivi più diretti. Questo non esclude critiche da parte dell’opposizione sul come ricominciare e gradatamente ridurre le restrizioni dall’11 di maggio. L’intento comune di queste iniziative è quello di permettere il livello di movimento, di tornare a lavorare rimanendo consapevoli dei rischi. È una decisione politica, valutando anche le indicazioni scientifiche per stabilire i comportamenti attenti e precisi che tutti dovrebbero seguire nel loro personale interesse nonché quello di tutta la comunità. Non credo di dire nulla di nuovo. Ma son tutti consapevoli del rischio? Ho i miei forti dubbi.
La settimana scorsa Pascale ed io siamo andati a Narbonne (30 km) varie volte per vedere Therese, mia suocera (97 anni) stava malissimo e come previsto è morta di Parkinson. Morire al tempo del Coronavirus non è una cosa semplice per le varie regole imposte, a suo tempo scriverò in proposito. Quello che ho visto a Narbonne ed anche a Bezier non è stato incoraggiante. Passando per quartieri popolari, principalmente abitati da magrebini (nord africani) ho visto grandi gruppi di persone assieme all’angolo delle strade che parlavano, fumavano, nessuna maschera e vicini l’un l’altro. Sembrava che non avessero sentito dire che c’era rischio di contagio.
Ma cosa succede negli Stati Uniti? Noi siamo partiti il 4 marzo e non prevedevamo niente di tutto questo. Abbiamo i nostri figli là. Ho appreso poco fa alla radio che il numero dei morti a causa del Covid19 ha superato quello dei caduti nella Vietnam War, circa 58,000. La città di New York è la più colpita.
Ho cominciato dicendo “si fa presto a dire America” e ancora una volta riesco difficile a capire cosa sta succedendo eccetto: c’è gente che muore, questo è l’unico dato sicuro. Come in altre parti del mondo il pericolo, la rapidità di diffusione del morbo, è stata sottovalutata, di certo ci son quelli (romanisti contro i laziali) che attribuiscono il tragico numero dei morti all’incompetenza e disorganizzazione degli altri. I suggerimenti scientifici si scontrano con le decisioni politiche economiche. Mi sembra di rileggere i Promessi Sposi, ma di questo ne parleremo un’altra volta.
Gli Stati Uniti d’America possono vantare d’essere la nazione con le istituzione politiche più vecchie al mondo, la Costituzione porta la data del 17 settembre 1787, certo ci sono degli emendamenti, ma la sostanza è ancora quella originale. Per difendere e mantenere the Union sancita dalla Costituzione più di mezzo milione di americani morirono nella Guerra Civile.
Quelli che scrissero la Costituzione non aveva nessuna idea di quello che sarebbe successo dopo più di duecento anni, George Washington non usava Twitter. Quando il prossimo novembre andremo a votare e nella scheda elettorale ci saranno i nomi dei vari candidati alla presidenza. In quasi tutti i paesi del mondo con un sistema presidenziale si contano i voti e se uno supera il 50% diventa subito presidente, no problem! Se nessun ottiene quel risultato i due candidati con la percentuale più alta si ripresenteranno per il ballottaggio. Questo non succede negli Stati Uniti, la preferenza indicata nella scheda elettorale in realtà serve a scegliere un grande elettore secondo un complicato sistema territoriale, stato per stato. Non vi annoio con i dettagli d’un meccanismo convoluto, se siete curiosi vi suggerisco:
https://en.wikipedia.org/wiki/Gerrymandering
Questi grandi elettori dopo circa un mese dalle elezioni si riuniscono a Washington e votano, sono loro quelli che eleggono il presidente e no quelli che hanno fatto la croce nella sceda. Non parliamo che poi ogni Stato ha una scheda differente. Questo sistema poteva andar bene alla fine del settecento quando andare a Washington a cavallo o in diligenza era un’avventura ma dire che oggi sia obsoleto è dir poco. Conclusione: può succedere che un candidato con due milione in meno di preferenze può diventare presidente degli Stati Uniti come Mr. Trump nel 2016.
Sarei curioso di leggere i commenti di quelli che gridano che il presidente del consiglio Conte non è stato eletto, quelli che si son dimenticati come funziona la Costituzione Italiana.
La situazione è molto differente in Italia e nel resto dell’Europa. Certo che possiamo vantare una cultura millenaria ma dal punto politico istituzionale siamo giovani e un po’ ingarbugliati. Prendiamo per esempio Sansepolcro, ma quanti sono stati i governati che hanno regolato la vita dei Borghesi dal 1787? Non son sicuro che sia capace di enumerarli tutti correttamente, ma ci provo. Cominciamo dal Granduca Pietro Leopoldo, poi venne Napoleone e il Regno dell’Etruria per poi diventare parte integrante dell’Impero Francese, fu così il mio trisavolo Mattia nacque Francese nel 1811. Dopo Napoleone ritornò il Granduca e il mio bisnonno Angelo nacque Toscano nel 1841. Per un breve periodo la Toscana fu annessa al Regno di Sardegna per poi far parte del Regno d’Italia così finalmente il nonno Luigi poté vantarsi d’essere Italiano. Ci fu il periodo fascista, la guerra, l’Italia divisa in due e nel 1946 la Repubblica Italiana parte dell’Unione Europea.
Il Presidente degli Stati Uniti ha grandissimi poteri esecutivi regolati dalla Costituzione, quasi fosse un re del settecento. Per esempio può fare una guerra non dichiarata come quella in Iraq o Afghanistan, mandare migliaia di soldati in terre lontane spendendo somme immani, può smantellare il sistema di assicurazione medica obbligatoria per milioni di americani e poi alla fine non ha l’autorità di imporre regole uniformi per combattere il Covid19. La Costituzione garantisce una grandissima autorità individuale ad ogni Stato. Il presidente Trump non può imporre al governatore Cuomo di New York le regole di come e quando finire l’isolamento.
Si fa presto a dire America, ogni Stato è indipendente nel prendere le sue decisioni, ovvero si corre il rischio che ognuno fa quello che gli pare!
Conto di continuare con una certa regolarità questi miei commenti in quest’anno senza primavera, anche se le ginestre sono fiorite e il profumo è forte.
Vi prego non esitate a far commenti e domande, non è detto che sappia la risposta giusta.
Tuchan dans les Corbieres
Fausto Braganti
Fausto Braganti - Pensionato, attualmente residente nelle Corbieres (sud est della Francia, vicino a Perpignan). Nato e cresciuto a Sansepolcro. Dopo il liceo ha frequentato l’Università di Firenze, laureandosi in Scienze Politiche al Cesare Alfieri. Si è trasferito a Londra nel 1968, dove ha insegnato italiano all’Italian Center per poi andare a Boston negli Stati Uniti, dove ha lavorato per Alitalia per 27 anni con varie mansioni e in diverse città, sempre nel settore commerciale. Dopo Alitalia è rimasto nel campo turistico per altri 15 anni per promuovere l’Italia agli americani. Ha pubblicato un libro di memorie, “M’Arcordo…” sulla vita a Sansepolcro nel dopo guerra, ottenendo un discreto successo. Ama la Storia: studiarla, raccontarla e scriverla.
Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.
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