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Economia in primo piano: intervista a Mario Checcaglini

Il direttore aretino di Confesercenti esterna perplessità per questo mese di semi lockdown

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È anche lui sul piede di guerra per un Dpcm che fa ricadere sulla sua categoria le conseguenze dei provvedimenti adottati dal governo nazionale. Senza peli sulla lingua, come del resto è abituato a fare chi occupa un ruolo di vertice, il direttore provinciale aretino di Confesercenti, Mario Checcaglini, esterna tutte le perplessità legate a questo mese di semi lockdown che l’Italia ha appena iniziato, con particolare riferimento al contesto aretino.

Checcaglini, con la chiusura anticipata alle 18 di bar e ristoranti, quali ripercussioni vi possono essere anche per gli altri negozi? E per i ristoranti che erano aperti soltanto di sera?

“Diciamo che più in generale vi è meno propensione a uscire: è quanto nella sostanza vuole il decreto. La questione nodale è che bar e ristoranti sono stati indicati come luoghi di diffusione del virus: c’è una volontà precisa di far pagare la situazione attuale a queste attività e di indurre la gente a stare di nuovo in casa. È chiaro poi che i locali aperti soltanto di sera rischiano di ritrovarsi a zero e non si capisce la ragione obiettiva che ha suggerito l’adozione del decreto”.

Quali sono state le pecche del governo nazionale nel periodo fra la prima e la seconda fase di contagi del Covid-19?

“Non si è fatto molto nell’ambito della scuola, intesa non come tale ma come organizzazione attorno a essa, vedi i mezzi di trasporto. Si è allora venuta a creare quella che è la situazione di fatto: i ragazzi portano il contagio a casa, dove spesso vi sono persone anche anziane, dopodichè non si usa la mascherina, mancano i controlli e anche i tracciamenti lasciano molto a desiderare. Qualche problema c’è e allora debbono pagare le conseguenze bar e ristoranti: si è voluta colpire questa categoria, quando i problemi veri stanno nelle metropolitane e nei bus, dove gli assembramenti sono quotidiani”.

Hanno garantito che a stretto giro di tempo arriveranno gli indennizzi per chi è costretto a chiudere in anticipo, che non verrà fatta pagare la seconda rata Imu e che vi saranno agevolazioni in ambito fiscale. Sarete stavolta più inflessibili nel far rispettare le promesse?

“Anche in questo caso, possono generarsi tensioni con le categorie economiche, perché l’intenzione è stata chiara: dapprima si chiude, poi si vedrà. Ora però occorre una diversa commisurazione del ristoro, in base ai mancati guadagni. Vedremo quale sarà l’evoluzione della situazione anche in provincia di Arezzo: se su scala nazionale la perdita dei consumi è stimata in 5,8 miliardi, vuol dire che qui da noi verranno a mancare diversi milioni. Se la propensione è quella di stare in casa, i consumi si ritroveranno in difficoltà e a rischiare di rimetterci è una categoria non responsabile di quanto è accaduto”.

Il governo centrale ha deciso in un modo, i presidenti delle Regioni non erano d’accordo nella maggioranza dei casi. E allora, si ripropone il quesito: non è il caso di ripartire in maniera più razionale le competenze, attribuendo un po’ di autonomia alle Regioni?

“Credo che su questo aspetto sia necessario un maggiore ambito di autonomia da conferire alle Regioni, perché per esempio l’istituzione delle zone rosse non può essere uguale in tutta Italia, a patto però che vi sia una maggiore responsabilità a livello locale. Sono d’accordo sul fatto che in tema di scuola le decisioni debbano essere prese uniformemente su tutto il territorio nazionale, mentre sulla chiusura di una piazza o di una zona penso che debba essere il livello locale a decidere. Dipende dalle singole necessità, poi però i controlli debbono essere all’altezza della situazione: a volte sono mancanti e magari se qualcuno prova a invitare una persona a tenere la mascherina viene mandato a quel paese”.  

Spera che questa parentesi introdotta dal nuovo Dpcm si chiuda in effetti il 24 novembre e ritiene che sia stata adottata – come sostiene qualcuno – per salvaguardare il Natale e le festività di fine anno?

“Mi auguro soprattutto che sia così. Non posso pensare diversamente, anche se temo che queste misure possano protrarsi nel tempo. Se stiamo attenti ai distanziamenti, se portiamo la mascherina e se chi è positivo sta in casa, bene, ma se si pensa di “punire” solo bar e ristoranti si andrà oltre le festività. Dobbiamo infatti insistere sui veri focolai del virus, che non sono i locali pubblici”.   

Redazione
© Riproduzione riservata
28/10/2020 08:54:30


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