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Mondo Economia: intervista all'imprenditore Marco Piccini

"La Valtiberina reagirà in maniera positiva nel 2021 alla crisi economica"

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Dopo la morte del padre, Paolo, che l’ha fondata oltre 50 anni fa, ha preso le redini dell’azienda assieme alla sorella Antonella. Marco Piccini sta dunque al timone della Piccini Paolo spa, azienda capofila del gruppo, che oltre all’erogazione di carburanti è specializzata nel montaggio di impianti gpl e metano e che sta affrontando le sfide del futuro, proiettate verso la produzione di energia pulita.

Piccini, viste anche le due “ondate” di quest’anno, le ripercussioni del Covid-19 sulla vostra azienda hanno seguito un andamento sinuoso?

“Intanto, le ripercussioni sui fatturati sono state comunque significative. Certamente, più marcate nella prima fase (marzo-maggio), mentre ora sono più contenute, anche perché la gente circola, però ancora c’è il rischio che questa situazione si prolunghi”.

Il futuro della mobilità si chiama metano, elettricità, oppure che cosa?

“Il futuro sarà un mix di soluzioni, del momento che una soltanto non risolverà i problemi. Vi sarà perciò una pluralità di proposte che va dal veicolo elettrico a quello alimentato con biometano e biocarburante. Noi stiamo lavorando e soprattutto investendo in questi settori di sviluppo futuro: la ricerca è il nostro “motore”, finalizzata al perfezionamento delle tecnologie del metano e del biometano”.

Nonostante il Covid-19, l’azienda continua a lavorare a pieno regime?

“Sì, anche perché non può lavorare a regime ridotto: c’è infatti bisogno di tutte le nostre maestranze, indipendentemente dal livello di lavoro. Abbiamo sfruttato il momento del Covid-19 per portare avanti i progetti di sviluppo che ora stiamo per presentare”.

È preoccupato per il futuro della nostra economia?

“Se per “nostra” si intende l’Italia, quindi il nostro Paese, dico di sì ed è anche piuttosto forte. Se invece si parla di ambito locale, credo che la Valtiberina – come microrealtà economica – reagirà in maniera positiva già dal 2021, perché fortunatamente non sono molti coloro che hanno perso il lavoro. Commercio e ristorazione i settori che hanno sentito di più la botta, ma il sistema complessivo non ha risentito più di tanto: le attività produttive intese come tali continuano ad andare avanti”.

Lei gravita anche nel mondo dello sport: a livello professionistico la “macchina” non è fermata, mentre i problemi sono sorti per quello dilettantistico. Che tipo di prospettive vi sono allora per chi pratica sport a livello dilettantistico?

“Sono convinto del fatto che lo sport dilettantistico possa continuare anche in futuro, magari con qualche conseguenza iniziale, ma se davvero vogliamo che il dilettantismo non muoia bisogna cambiare mentalità. Mi riferisco in particolare al calcio: penso proprio che non vi saranno più i “professionisti” del dilettantismo, poi dipenderà dalle singole società”.

E il progetto legato al pugile Alessandro Riguccini ripartirà il prossimo anno?

“Sì, nonostante l’anno del Covid-19 abbia congelato i programmi prefissati, abbiamo tenuto un incontro per riprendere un po’ di… feeling. Stiamo ora aspettando di riprendere il cammino interrotto per arrivare al traguardo più ambito in assoluto: la conquista del titolo mondiale”.

Lei ha parlato in termini quantomeno benauguranti per l’economia di Sansepolcro, ma per commercio e ristorazione cosa potrà avvenire?

“Non è facile prevedere gli sviluppi relativi a due segmenti che hanno pagato forse più di altri le conseguenze della pandemia. Chi avrà la forza di ripartire, anche con importanti cali di fatturato, potrà sperare di sopravvivere. È ovvio che un contesto del genere induca gli operatori a fare una seria riflessione, in modo tale da farsi trovare pronti non appena l’impasse si sarà sbloccato, perché non credo che – una volta ripristinata la normalità – la gente non tornerà più a mangiare al ristorante o a prendersi qualcosa al bar. Certamente, chi ha perso il lavoro vive un momento di ristrettezze; chi invece il lavoro non lo ha perso, si ritrova – anche forzatamente – con una maggiore liquidità: determinate spese, ritenute non necessarie, sono state evitate”.

Il futuro economico della Valtiberina poggia in primis sulle infrastrutture?

“Il nostro futuro economico si chiama “fare rete”, prima ancora che potenziare le infrastrutture, perché è questa la cosa che ci riesce più difficile da attuare. E per Valtiberina intendo tutto il territorio, compresa la parte umbra: il confine c’è soltanto per i politici, perché sul piano economico è una realtà omogenea”.

Se la sente di fare una previsione sulla conclusione definitiva della pandemia?

“Non è facile ipotizzarla, perché complicata è la situazione. Credo però che per un pieno ritorno alla normalità dovremo attendere l’inizio del 2022”.

Un auspicio per il 2021?

“Che fare, prendere a prestito il titolo di quel famoso libro: “Io speriamo che me la cavo?”. Preferisco dare un consiglio a tutti: cerchiamo di essere più positivi nell’atteggiamento, perché per nove mesi siamo stati nutriti a pessimismo e paura. E si sa che la paura porta a fare scelte poco razionali. Se dunque vogliamo rialzarci, cominciamo a vedere meno buio davanti a noi”.

Redazione
© Riproduzione riservata
30/12/2020 10:22:53


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