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Meghan vince in appello e affonda il Mail sulla pubblicazione della lettera al padre
Fine dei gossip sui tabloid britannici
In tribunale Meghan Markle ha affondato la corazzata dei tabloid britannici, il gruppo Associated Newspapers che riunisce Mail e Mail on Sunday, vincendo anche in appello la battaglia legale per la difesa della sua privacy. E ha colto l'occasione per un contrattacco a largo raggio contro la stampa popolare e i suoi metodi spregiudicati spesso condannati dalle corti del Regno. La duchessa di Sussex ha salutato con entusiasmo una vittoria non solo per lei ma «per chiunque altro abbia mai avuto paura di difendere ciò che è giusto». «Ciò che conta di più è che ora siamo a livello collettivo più coraggiosi per rimodellare un'industria dei tabloid che condiziona le persone a essere crudeli e trae profitto dalle bugie e dal dolore che creano», si legge in un comunicato.
Nel suo “j'accuse” sostiene di aver subito gli effetti di «inganni, intimidazioni e attacchi calcolati». Una condotta nuovamente censurata oggi dalla Corte d'appello: i giudici hanno infatti confermato la sentenza emessa lo scorso febbraio dall'Alta corte, che dava ragione su tutta la linea a Meghan nell'azione legale contro i tabloid per aver violato la sua privacy e i suoi diritti d'autore con la pubblicazione in alcuni articoli degli estratti di una lettera privata inviata nel 2018 dalla consorte del principe Hin tono addolorato al padre Thomas, da tempo estraniatosi da lei. «Il contenuto della lettera era privato quando è stata scritta e quando è stata pubblicata, anche se la ricorrente, a quanto pare, si era resa conto che suo padre avrebbe potuto divulgare il suo contenuto ai media», hanno affermato con la sentenza odierna i giudici del tribunale inglese. Proprio di recente Meghan si era dovuta scusare per le sue dimenticanze, in particolare per aver fuorviato l'Alta corte sul suo ricordo delle informazioni fornite dai suoi collaboratori, come Jason Knauf, ex responsabile media dei duchi di Sussex, agli autori di una loro biografia non autorizzata, dal titolo “Finding Freedom”.
La Corte d'appello ha preso atto del mea culpa e affermato che «questa è stata, nella migliore delle ipotesi, una sfortunata mancanza di memoria» senza conseguenze sull'azione legale. Dal canto suo, il gruppo Mail si è definito «deluso» per la sentenza, che respinge anche la sua richiesta di avviare un processo completo, e non fermarsi quindi al giudizio immediato emesso nei confronti della società dall'Alta corte: stando ai termini, deve scusarsi in prima pagina e pagare un risarcimento ormai milionario per le spese legali sostenute da Meghan.
Associated Newspapers però non demorde e si riserva di portare il caso dinanzi alla Corte suprema, il tribunale britannico di ultima istanza. Intanto Meghan ed Harry possono dirsi soddisfatti per l'importante vittoria nella loro crociata di denunce e cause (finora tutte vinte) contro la stampa più ostile. La dichiarazione di guerra era stata lanciata nell'aprile 2020 con la politica di «zero commenti e zero rapporti», salvo che in tribunale, verso gli editori che pubblicano Mail, Sun, Mirror ed Express, accusati di spacciare «bugie, distorsioni, invasioni» indebite nella loro privacy. Da allora i duchi hanno mantenuto sempre la loro promessa.
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