Settembre, Palio, che palle
Il tiro è roba per balestrieri, la festa e il palio sono un patrimonio della città
Domandatevi, così per gioco, “chi ha vinto il Palio a settembre dell’anno scorso”? Al 99 % non saprete rispondere a questa domanda. E a Gubbio a maggio? Al massimo potreste indovinare quale città si è aggiudicata il Palio con una probabilità su due di azzeccare la risposta. Provate a domandarlo a Siena su un Palio di venti anni fa, oppure ad Arezzo col Saracino. A Siena vi saprebbero dire anche il nome della zia del fantino. È così, non c’è niente da fare, il Palio della Balestra è una cosa che c’è, guai se non ci fosse, è la nostra “tradizione secolare” ma di cui non gliene frega niente a nessuno. Perché? Tanti motivi e proverò a scriverne alcuni come riflessione condivisa: in primo luogo non si vince nulla, ovvero abbiamo avuto la sfortuna storica di giocarlo con Gubbio, una città vicina ma lontana; la mattina dopo il Palio non avrete nessun eugubino da sfottere se il Borgo vince, o viceversa, per cui è irrilevante. Pensate se invece la storia ci avesse dato Castello come avversario? Poi Gubbio è una bellissima città concentrata sulla loro più nobile e sentita tradizione dei Ceri, un rito antichissimo, forse il più antico d’Italia, straordinariamente importante e potente nella sua penetrazione dell’animo eugubino; ergo, a Gubbio del Palio pur nella loro meravigliosa piazza non gliene frega granché. Addirittura si tiene a Maggio, mese di Sant’Ubaldo, ma non il giorno del Santo, bensì l’ultima domenica del mese e al posto della Corsa dei Ceri Piccoli (e a Gubbio qualcuno storce la bocca anche per questo). Mi ricordo un Palio di diversi anni fa dove la domenica mattina, nella piazza dei Consoli, non avevano neppure messo le sedie ai lati per il pubblico, il Comune se n’era dimenticato(?!). Poi il Palio al Borgo lo organizzano sostanzialmente i balestrieri. Che c’è di strano? Tutto; ma quando mai una città delega ai fantini la corsa, i costumi, il corteo, i biglietti, ecc. Se una città crede che il suo palio abbia un valore e fonda su questa manifestazione una parte del proprio prestigio ci investe, organizza, valorizza, coinvolge. Invece al Borgo si delega tutto ai balestrieri, si versa un contributo annuale, si montano e pagano le tribune, si gestisce il calendario di conseguenza al Palio, si gestiscono le varie associazioni in costume che sono nate a lato della Balestra. E si spera che non piova. Anni fa una delle menti più lucide tra i balestrieri, Dario Casini, mi fece riflettere mostrandomi una famosa rivista di turismo, aveva dedicato un ampio servizio su Sansepolcro, oltre l’ottanta percento delle foto erano relative al Palio; lo stesso Casini, diventato sindaco, mi disse che investire nel Palio e nei balestrieri non sarebbe stata una scelta molto condivisa dalla popolazione. Il Palio della Balestra è l’unica manifestazione, che io conosca, che non ha taverne, cene, momenti popolari, il motivo non lo conosco ma la realtà è questa, non ci sono momenti, di festa e condivisi, di attesa del Palio: c’è la cerimonia della Cera in Cattedrale, c’è il concerto “propiziatorio”, belle cose che sono vissute dagli appassionati del genere ma non hanno nulla di popolare, mi sembrano pieghe volontaristiche che poco aggiungono alla settimana del Palio. Eppure mi sembra che le varie cene sociali, delle pro loco, delle associazioni abbiano un discreto successo. Quante associazioni in costume ci sono a Sansepolcro? A memoria: Balestrieri e sbandieratori (se qualcuno se lo ricorda molti anni fa riuscirono a creare due gruppi di sbandieratori, uno indipendente e uno legato alla Società balestrieri), le danze del Lauro, associazione del Rinascimento nel Borgo (che cura il mercato di Sant’Egidio), quelli della Cena Rinascimentale, e forse anche altre ancora; ma possibile che proprio il Borgo veda nascere tante iniziative in costume distinte una dall’altra? Possibile che non si possa avere un’unica regia per rendere il centro ricco e vitale per l’unica manifestazione che si distingue dalle sagre simil medievali del tiro alla botte, della corsa del ciuco o della disputa dell’oca giuliva? Ogni aia ha una festa ed è legittimo ma solo chi ha storia e cultura stratificata nel tempo, nel nostro caso nei secoli, è una vera tradizione e non una rievocazione storica per tardivi carnevali estivi. In conclusione dovremmo fare un monumento ai balestrieri per quel che fanno, per lo più sopportati dalla popolazione, tesi ad un hobby sportivo e bellissimo che incidentalmente tramanda una storia e una tradizione vera; ma più di così non possono fare, fidatevi di me, e se al Borgo la comunità non si riappropria del suo Palio non avremo nulla di più di una manifestazione bella, noiosa nel tiro, ripetitiva nella impostazione, ad uso e consumo dei turisti e delle autorità, visto che il “popolo” non vi partecipa, non lo sente, non lo vede, se non ha amici ospiti si piazza solo per il corteo. Eppure poche, pochissime città, possono vantare una tradizione simile, così vera e ininterrotta nei secoli, così nobile e ricca di eventi disseminati nei tempi passati. Conoscete la storia del Palio e dei balestrieri? Siete sicuri? Non c’è borghese che non abbia sentito il suono dei tamburi scandire il tempo all’estate che ci lascia, non c’è abitante che non abbia applaudito al passaggio del corteo, eppure lasciamo che Palio sia una cosa “d’altri”. La città può decidere cosa vuole dal palio, può lasciare tutto com’è, amarlo e sopportarlo come una data dell’anno, oppure può decidere di viverlo diversamente attraverso un disegno comune e complessivo che dia una vita e una nuova veste alle feste del Palio. Perché il tiro è roba per balestrieri, la festa e il palio sono un patrimonio della città (se lo vuole).
Marco Cestelli
MARCO CESTELLI: Persona molto conosciuta a Sansepolcro, studi economici e commerciali a Milano, manager e imprenditore, scrittore, conferenziere e comunicatore, ha viaggiato in molte parti del mondo, ha sperimentato innovazioni e il valore della cultura. Legatissimo alla sua terra ama l’arte e la storia, la geopolitica e la cultura europea. Sa di non sapere mai abbastanza.
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