La più antica amputazione chirurgica della storia
La sorpresa nello scheletro di un bambino di 31.000 anni fa
Le scoperte archeologiche riservano sempre incredibili sorprese, spostando continuamente il novero delle conoscenze. Risale a 31.000 anni fa, migliaia di anni prima di quanto ritenuto finora, la più antica amputazione di un arto: ad un bambino del Borneo vissuto all’epoca è stato chirurgicamente tagliato il piede sinistro e il piccolo paziente è riuscito a guarire, vivendo ancora per una decina d'anni.
Il ritrovamento dello scheletro
La scoperta, pubblicata sulla rivista Nature, è stata effettuata grazie al ritrovamento dello scheletro nella grotta di Liang Tebo, in Indonesia, ad opera di un gruppo di ricercatori guidati dall’australiana Griffith University. Lo studio rivela che alcuni dei primi gruppi di esseri umani moderni dell’Asia erano riusciti a sviluppare conoscenze ed abilità mediche molto avanzate in un ambiente di foresta pluviale tropicale.
Finora, la più antica amputazione nota era quella di un contadino francese del Neolitico vissuto circa 7.000 anni fa, il cui avambraccio sinistro era stato rimosso chirurgicamente e poi parzialmente guarito.
La conoscenza dell'anatomia umana
Le amputazioni richiedono una conoscenza completa dell'anatomia umana ed una notevole abilità tecnica. Prima degli sviluppi clinici moderni, la maggior parte delle persone sottoposte ad un intervento di questo tipo andava incontro alla morte, a causa dell’eccessiva perdita di sangue e dello shock, oppure per le infezioni.
Ora, la scoperta del giovane individuo del Borneo sposta indietro di migliaia di anni lo sviluppo delle conoscenze adeguate ad un’operazione così complessa. I ricercatori, guidati da Tim Maloney, suggeriscono che le persone che hanno effettuato l’amputazione del piede al bambino dovevano conoscere in maniera dettagliata la struttura degli arti, dei muscoli e dei vasi sanguigni, per prevenire la perdita di sangue fatale e l'infezione. Secondo gli autori dello studio, la velocità con cui le ferite si infettano nell’ambiente dei tropici potrebbe aver stimolato lo sviluppo di nuovi farmaci, che sfruttavano le proprietà medicinali della ricca biodiversità vegetale del Borneo.
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