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Benedetto e Francesco, due papi non nemici ma troppo diversi per essere amici

E c'è anche l'ipotesi di dimissioni di Bergoglio

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In queste ore e in questi giorni, leggendo e ascoltando il fiume di parole che ci sta travolgendo dopo la morte di Papa Ratzinger, da quell’annuncio su carta intestata del Vaticano che informava che Benedetto XVI è spirato alle 9,34 dell’ultimo giorno del 2022, c’è un fiume di melassa che attraversa ogni racconto e descrive Benedetto e Francesco come amiconi, con tanto di riproposizione delle immagini degli incontri e degli abbracci sorridenti fra i due. 

Ma questa immagine è molto “photo opportunity” e suona un po’ falsa, quasi specularmente a quella – ancora più falsa – che vede Benedetto e Francesco nemici per la pelle, uno difensore delle tradizioni e dell’integralismo e l’altro teso al “volemose bene” e all’apertura al mondo e a un progressismo in tutto e per tutto. Ecco, diciamo anche che questa storia, propagandata soprattutto dalle rispettive tifoserie ultrà, è altrettanto se non più falsa della prima e Ratzinger non ha mai pensato di mettersi alla guida di truppe di difensori della tradizione contro l’usurpatore. Insomma, non era un derby, il più classico degli Argentina-Germania, ma anche riformisti contro conservatori, uomo del popolo e dei fedeli contro l’uomo della Curia, o affabulatore contro teologo. Ma, ribadisco, nemmeno la vulgata dei due Papi pappa e ciccia fra di loro, come fossero due amiconi vestiti di bianco e come se Francesco fosse uguale a Benedetto e viceversa. 

Un libro contro la doppia bugia 

Il miglior modo per capire questa doppia bugia è la lettura di “Un altro Papa – Ratzinger, le dimissioni e lo scontro con Bergoglio”, che è edito da Rizzoli, costa 17 euro ed è scritto da Marco Ansaldo, storico vaticanista di “Repubblica” per tanti anni, grande esperto di Turchia e oggi in particolare uomo del consiglio scientifico di Limes, grande osservatore di cose geopolitiche.

Ve lo consiglio moltissimo, perché si legge come un giallo.

Ansaldo offre moltissimi particolari inediti, anche alla luce soprattutto delle tre conversazioni con l'arcivescovo Georg Gaenswein, che per Joseph Ratzinger non è stato semplicemente il segretario particolare, ma quasi un figlio e oggi è vescovo di Urbisaglia, nelle Marche, ma è un titolo quasi onorifico, visto che si tratta di una diocesi titolare, di fatto senza giurisdizione sul territorio.

E, quando nacquero problemi sulla firma apocrifa, che poi così apocrifa non era, di Benedetto a un libro che attaccava le tesi di Francesco, la smentita di Ratzinger fu quasi immediata, ma è vero che – dopo i primi incontri fra i due Papi – i faccia a faccia si sono sempre più diradati, diventando sempre più un’eccezione, come se la sala del monastero “Mater Ecclesiae”, dove abitava Ratzinger, distasse centinaia di chilometri anziché poche centinaia di metri da casa Santa Marta, residenza di Bergoglio. 

La difesa di Ratzinger per Francesco

Così come è significativo che, persino quando Ratzinger difendeva Francesco, lo faceva in modo, come dire, particolare, con una critica agli “stolti pregiudizi secondo cui Bergoglio sarebbe solo un uomo pratico privo di particolare formazione teologica o filosofica”. Insomma, una difesa, ma con la puntuale elencazione delle critiche, seppur smentite, artificio retorico da grande intellettuale.

Poi, dietro quella storia, c’era anche un fake prodotto dalla Comunicazione vaticana. Ma in verità non era uno zuccherino nemmeno l’originale di Benedetto, con cui spiegava di non aver letto tutti gli undici volumi della serie “La teologia di Papa Francesco” definendoli ironicamente “volumetti”, spiegando di non aver letto tutto “sia per ragioni fisiche, sia per altri impegni che ho già assunto”.

E se la vicenda della prefazione fu la punta dell’iceberg, anche gli avvicendamenti quasi immediati dei più fedeli collaboratori di Ratzinger da parte di Bergoglio, certamente non hanno contribuito a rinsaldare l’amicizia presunta e raccontata in questi giorni a reti unificate fra i due.

Rapporti raffreddati 

A raffreddare totalmente i rapporti in particolare è stata la citata storia della firma del Papa Emerito su un libro in cui si criticavano alcune posizioni teologiche di Bergoglio e anche la posizione di Benedetto sui “valori non negoziabili” con un suo documento – durissimo contro la pedofilia contro cui si è esposto più di chiunque altro – in cui Ratzinger scrisse: “Un collasso della teologia morale cattolica ha reso inerme la Chiesa di fronte a questi processi della società”. Ma, soprattutto: “Ci si scontra con sordità e indifferenza. E’ una situazione preoccupante, sulla quale i pastori della Chiesa devono riflettere seriamente”. E si parlava con questi toni di un vertice convocato da Bergoglio.

Tanto che Benedetto poi precisò: ”C’è chi vorrebbe vedermi a capo di un movimento contro il Pontefice, ma non lo farò mai”. Parole che arrivavano dall’”altro” Pontefice, emerito ma pur sempre Papa.

Ansaldo, nel suo libro, citando gli ultimi scandali che hanno coinvolto il Vaticano – il caso Becciu su tutti – arriva al punto di ipotizzare uno scenario clamoroso.

Un libro come un giallo

Il libro “Un alto Papa – Ratzinger le dimissioni e lo scontro con Bergoglio” si legge, come detto, come un giallo. Ma la conclusione di Ansaldo non è fantapolitica vaticana, ma una possibilità concreta, anche dal punto di vista teologico e dottrinale: “Il rischio è che altri casi seguano, esponendo Francesco a una pressione insostenibile nel momento in cui Benedetto dovesse terminare la sua avventura terrena (e questo era scritto nel novembre 2020 ndr). E dopo quel probabile travaglio, la richiesta di dimissioni, o la propria rinuncia, diventerebbero fatti conseguenti”.

Ipotesi di dimissioni di Francesco

Tutto questo, a questo punto liberato dal “rischio” di tre Papi contemporanei, potrebbe avvenire proprio ora, anche perché Francesco ha più volte parlato dell’ipotesi di rinuncia nel caso in cui le condizioni di salute non gli permettessero di andare avanti.

E qui Ansaldo ipotizza però un percorso, per l’ennesima volta, diverso da quello di Benedetto, che non è il suo gemello diverso. Insomma, l’ipotesi è di un Francesco Emerito che torna in tonaca nera, probabilmente arcivescovo di Buenos Aires, lontano dal Vaticano.

Nel penultimo capoverso di “Un altro Papa” Ansaldo scrive: “Con il vecchio Papa Ratzinger in declino, ma in vita, Francesco non abdicherà. Anche se ha già fatto capire di essere pronto a rinunciare a sua volta. Tutto starà nel vedere se e quando. E soprattutto come: se per stanchezza, per vecchiaia, per rabbia. Magari per motivi nuovi rispetto a quelli presentati da Benedetto XVI…e per approdare a un Pontefice diverso”.

Insomma, quello che si dice nel riguardo di copertina: “Qualcuno arriva a sostenere che il gesuita “venuto dalla fine del mondo” non abbia più niente da dire, avendo già espresso tutto sul piano evangelico e dottrinale. C’è modo, dunque, di “fare un altro Papa”?

E qui ci si collega nuovamente a Benedetto e a don Georg, che racconta: “Qui in Vaticano a volte non si sa che cosa succederà domani. Tutto è diventato estremamente imprevedibile. La percezione, ogni tanto, è quella di una barca. Che va un po’ di qua e un po’ di là”.

E proprio Georg racconta gli ultimi mesi di pontificato di Benedetto con un’immagine che è anche quella degli ultimi giorni e arriva dalla persona che gli è stata più vicina: “Era come una candela che si stava spegnendo”. 

Umiliazioni che emergono dal libro

 Dal libro, emergono anche una serie di umiliazioni riservate a monsignor Ganswein da Francesco. A un certo punto c’è anche questo colloquio ricostruito da Ansaldo: “Santità ha due-tre minuti per me”. E Papa Francesco: “Certo, anche subito”. “Lei vuole che le cose si dicano in faccia”. “E’vero”. “Allora lei ci umilia, facendo venire il mio secondo, ma escludendomi dagli appuntamenti”. E Francesco: “Un po’ di umiliazione ci vuole, fa bene”.

Padre Georg poi commenta: “Per me è un’umiliazione grande. Ne parlo con Papa Benedetto, ma lui non può fare niente. E’ un uomo timido in queste cose. Se io rimango qui è solo perché c’è lui”. E alla domanda dell’autore: “Ma non ha mai pensato di tenere un diario?”. E qui Ganswein ha spiegato di averlo tenuto finchè è durato il pontificato di Benedetto XVI: “Poi basta. Non voglio leggere le cose che non vorrei scrivere”.

Notizia e Foto tratte da Tiscali
© Riproduzione riservata
01/01/2023 13:22:24


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