Opinionisti Claudio Cherubini

Buitoni, oltre la pasta: l’officina meccanica e la cartiera

Sul finire dell’Ottocento iniziarono ad allargare i loro interessi al di là del settore alimentare.

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Nella seconda metà dell’Ottocento, sotto la guida di Giovanni Buitoni, l’azienda di famiglia aveva allargato i suoi interessi prima a Città di Castello (1854) e poi a Perugia (1878), aveva quindi incrementato la produttività del pastificio di Sansepolcro con la costruzione di un modernissimo mulino a cilindri (1882) e con la realizzazione di nuovi locali (1885), era entrata nel modo della dietetica con la pastina glutinata (1883), aveva creato un marchio di fabbrica, una rete di vendita con agenti di commercio e depositi di merce ed era entrata nel mondo della pubblicità della carta stampata (1893) fino anche ad utilizzare testimonial prestigiosi (1907). Tutto questo secondo l’impostazione organizzativa definita in occasione della nascita della società in nome collettivo (1886).

Nello stesso periodo i Buitoni iniziarono ad allargare i loro interessi al di là del settore alimentare. Nel 1874 aprirono un’officina meccanica che così descrissero nel 1888 nella lettera di risposta al sindaco di Sansepolcro che in ottemperanza alla “Legge sul lavoro dei fanciulli” chiedeva, fra l’altro, varie notizie su quest’attività: “L’Officina Meccanica è fuori porta Romana a sinistra uscendo dalla Città [...]. All’Officina Meccanica fabbrichiamo trebbiatrici, ventilatori, torchi da uva, nonché qualche attrezzo per l'agricoltura ed infine facciamo anche riparazioni di Motori di Case estere e nazionali”. Infatti l’officina, sorta inizialmente “per produrre e riparare i macchinari necessari alla lavorazione della pasta”, ben presto si era resa pronta a rispondere ad ogni richiesta di natura meccanica che perveniva soprattutto dal mondo agricolo entrando in concorrenza con l’ “Officina Meccanica-Agricola di G. Giovagnoli e C.” in cui venivano  riparati “Locomobili e Trebbiatrici a vapore, e ogni specie di oggetti meccanici”, oltre che vendute “Trebbiatrici a mano perfezionate, Vagli ventilatori, Sgranatori da granturco, Coltri americani, Trincia-paglia, Ammostatoi per l’uva ect.”, come illustrava un inserto pubblicitario in un periodico locale del 1878. L’officina meccanica dei Buitoni dava lavoro a 6 operai nel 1885, 15 nel 1887 e 16 intorno al 1892; “fu premiata nel 1885 con una medaglia di argento al concorso internazionale di Pesaro per piccole trebbiatrici a vapore”.

Dieci anni dopo l’apertura dell’officina, nel 1884, i fratelli Buitoni acquistarono un mulino e una cartiera ad esso adiacente, ubicati in una località detta Albereta, successivamente chiamata sulle carte catastali anche “La Concia” perché vi era anche una conceria di pelli. Questo luogo posto sul confine fra i territori di Pieve S. Stefano e Sansepolcro, nei pressi della Madonnuccia, è oggi sommerso dalle acque del lago di Montedoglio e gli edifici sono stati demoliti. Questi opifici erano già esistenti agli inizi del XIX secolo e per tutto l’Ottocento in tutta la Valtiberina toscana questa era l’unica cartiera esistente. Interessante sarebbe scoprire quando sorse: molte cartiere esistevano nell’Italia centrale nel basso medioevo in seguito all’uso industriale delle acque, ma forse questa cartiera nacque solo agli inizi dell’Ottocento, là dove c’era già un mulino, stimolata dal “parossistico” consumo di carta in età napoleonica. Agli inizi dell’Ottocento la cartiera apparteneva a Luigi Boninsegni, poi passò a suo figlio Pietro ed intorno alla metà del secolo divennero proprietari Giovan Battista e Tommaso Collacchioni, mentre ai Boninsegni restò il mulino. Le proprietà dei due opifici furono riunite qualche anno dopo passando a don Adeodato, Serafino ed Ermenegildo Gavelli. In questo periodo l’attività della cartiera, che si svolgeva su un ambiente di 748 braccia quadre (m2 250 circa), era fiorente e nella seconda metà dell’Ottocento, questa fabbrica fu fra gli opifici più importanti della valle producendo “a mano [...] specialmente carte da involgere e da imballaggi”. Nel 1867 i prodotti della cartiera furono presentati alla mostra internazionale di Parigi ed ancora nel 1882, Serafino Gavelli partecipò con “i prodotti della sua cartiera” al “Concorso industriale della provincia aretina”, ma ormai la sua era un’attività affermata tanto che già nel 1867 si era scritto: “La fabbrica di carta turchina e di paglia della Valle Tiberina viene smerciata in notevole quantità anche fuori della Provincia”. Poi nel 1884 fu venduta ai Buitoni che, per qualche anno ancora, si servirono per il confezionamento della pasta anche di quest’opificio. Intorno al 1885, vi lavoravano 25 operai (12 maschi e 13 femmine) e venivano utilizzati una caldaia a vapore della potenza di 2 cavalli dinamici ed un motore idraulico della potenza di 8 cavalli dinamici.

         Non si conosce se al momento dell’acquisto i Buitoni avessero già in mente il progetto di costruire in questo luogo una centrale idroelettrica i cui lavori iniziarono nel 1902, resta il fatto che ai primi del Novecento la cartiera aveva ormai cessato la propria attività.

         La prossima volta parleremo della centrale idroelettrica.

Claudio Cherubini

La fotografia è tratta da B. Brizzi - G. Laurenzi, Valtiberina le memorie sommerse, Roma 2000.

Per le fonti si veda C. Cherubini, Una storia in disparte. Il lavoro delle donne e la prima industrializzazione a Sansepolcro e in Valtiberina toscana, Sansepolcro-Selci Lama 2016.

Claudio Cherubini
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24/06/2023 18:41:43

Claudio Cherubini

Imprenditore e storico locale dell’economia del XIX e XX secolo - Fin dal 1978 collabora con vari periodici locali. Ha tenuto diverse conferenze su temi di storia locale e lezioni all’Università dell’Età Libera di Sansepolcro. Ha pubblicato due libri: nel 2003 “Terra d’imprenditori. Appunti di storia economica della Valtiberina toscana preindustriale” e nel 2016 “Una storia in disparte. Il lavoro delle donne e la prima industrializzazione a Sansepolcro e in Valtiberina toscana (1861-1940)”. Nel 2017 ha curato la mostra e il catalogo “190 anni di Buitoni. 1827-2017” e ha organizzato un ciclo di conferenza con i più autorevoli studiosi universitari della Buitoni di cui ha curato gli atti che sono usciti nel 2021 con il titolo “Il pastificio Buitoni. Sviluppo e declino di un’industria italiana (1827-2017)”. Ha pubblicato oltre cinquanta saggi storici in opere collettive come “Arezzo e la Toscana nel Regno d’Italia (1861-1946)” nel 2011, “La Nostra Storia. Lezioni sulla Storia di Sansepolcro. Età Moderna e Contemporanea” nel 2012, “Ritratti di donne aretine” nel 2015, “190 anni di Buitoni. 1827-2017” nel 2017, “Appunti per la storia della Valcerfone. Vol. II” nel 2017 e in riviste scientifiche come «Pagine Altotiberine», quadrimestrale dell'Associazione storica dell'Alta Valle del Tevere, su «Notizie di Storia», periodico della Società Storica Aretina, su «Annali aretini», rivista della Fraternita del Laici di Arezzo, su «Rassegna Storica Toscana», organo della Società toscana per la storia del Risorgimento, su «Proposte e Ricerche. Economia e società nella storia dell’Italia centrale», rivista delle Università Politecnica delle Marche (Ancona), Università degli Studi di Camerino, Università degli Studi “G. d’Annunzio” (Chieti-Pescara), Università degli Studi di Macerata, Università degli Studi di Perugia, Università degli Studi della Repubblica di San Marino.


Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.


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