Opinionisti Leonardo Magnani

Un virus dell’individualismo

Oggi la natura ci ha presentato il conto

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Abbiamo vissuto e, speriamo, superato un periodo molto particolare che, per la prima volta, ci ha coinvolto  nel medesimo modo e nello stesso momento. Un’epidemia che ha colpito tutto il Paese e tutto il mondo. Stiamo vivendo in modo drammatico questa storia che ha bloccato le nostre economie e il modo di procurarsi da vivere e messo a repentaglio la salute di tutti. Chiunque ha potuto sperimentare quello che significhi essere sulla stessa barca. Tutti aggrappati a una qualche sicurezza, a una qualche speranza e, contemporaneamente, tutti impauriti di ciò che poteva, potrebbe o potrà accadere.

Non era mai successo, se non durante la seconda guerra mondiale, che una società intera si svegliasse una mattina con la consapevolezza di vivere un dramma collettivo. Certo, c’è chi l’ha vissuto e lo vive tuttora in modo tragico, magari abbandonato a sé stesso, senza risposte concrete e soprattutto immediate, ma anche chi lo ha vissuto con qualche certezza in più, ha dovuto fare i conti con un qualcosa che gli sfuggiva di mano, che sfuggiva alle sue previsioni e soprattutto alle sue possibilità di intervento.

Tutto chiuso, negozi, fabbriche, apparati produttivi del Paese, musei, teatri, cinema, turismo, una sanità che si scopriva impotente, perché da troppi anni depauperata di risorse economiche e umane, da politiche che si muovevano verso una sanità privata e per pochi. Una scuola che scopriva la propria debolezza organizzativa e ambienti non adeguati a emergenze, anch’essa considerata, da troppo tempo, una mera spesa per lo Stato e non un investimento su cui puntare per il futuro. Chiese chiuse, così come tutti gli altri luoghi di culto, hanno aperto gli occhi verso una spiritualità, a volte, troppo legata al rito e all’essere sempre uguale a sé stessa. Ci siamo svegliati e ci siamo visti soli, davanti ad uno specchio che, impietosamente, evidenziava le nostre mancanze. Tutti insieme, in una sola volta. Teatri, musei, bar e ristoranti deserti, luoghi della convivenza relazionale proibiti: cultura a rischio, sport sospeso. Insomma, ciò che ci faceva essere “normalmente in vita”, è stato messo in discussione.

Tutto questo ci ha costretto e ci costringe a riflessioni varie, ma, su tutte, una è quella che avanza con più forza: non possiamo pensare di poter rimanere sani in una società malata. L’ha ribadito, con forza, Papa Francesco, la sera del 27 marzo, quando, anch’egli da solo, si è messo, a nome di tutti,  nelle mani di Dio. Forse, l’errore più grande che abbiamo commesso tutti, politici, intellettuali, classi dirigenti è di pensare, presuntuosamente, che potessimo ognuno vivere nel proprio orticello. Non solo coltivarlo, ma addirittura viverci dentro, incuranti di ciò che poteva accadere al vicino. Abbiamo chiesto e lottato per qualche diritto, ma lo abbiamo pensato, articolato e voluto come  individuale, dimenticando che è la socialità del diritto che lo rende capace di produrre frutto. Abbiamo pensato possibile un’economia di aziende sane in società malate, di aziende ricche in paesi poveri. Oggi la natura ci ha presentato il conto. Non è soltanto un conto economico: è un conto esistenziale. Se da tutto questo impareremo a sentirci parte di una comunità dove ognuno è dipendente dell’altro, dove le aziende sono anch’esse arricchite dalle società e dai paesi dove operano, dove l’ambiente è risorsa misurabile come ricchezza, dove le persone stanno bene se il vicino sta meglio, dove si spende per salute e istruzione più che per armi o per lusso di pochi, allora ne potremo venir fuori definitivamente.

Quando capiremo che gli alberi non godono del proprio frutto, né i fiori del proprio profumo, né le acque della propria purezza, avremo sconfitto un virus ben più pandemico di questo che abbiamo conosciuto.

Redazione
© Riproduzione riservata
09/05/2020 09:07:40

Leonardo Magnani

Leonardo Magnani è nato e vive a Sansepolcro. E’ laureato in filosofia e in scienze religiose. Insegnante di professione, da anni collabora con l’Associazione Cultura della Pace e si interessa di mediazione dei conflitti e di nonviolenza.


Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.


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