Alluvioni e smottamenti: fenomeni atmosferici accentuati ma anche colpe dell’uomo
Necessaria la pulizia dei torrenti e mettere un freno alla cementificazione selvaggia
Avremmo preferito tutti parlare di estate in arrivo e di bel tempo, invece ci siamo trovati a fare i conti – almeno dagli ultimi giorni di maggio fino a inizio giugno – con pioggia, grandine e soprattutto nuove calamità naturali nel nostro Paese. Stavolta è toccato alla Romagna, dove l’acqua non ha scherzato, mettendo in ginocchio anche una zona notoriamente efficiente, che – sono sicuro – darà di nuovo prova della sua celerità operativa, nonostante la pesante botta subita. E comunque, la storia si è puntualmente ripetuta: ogni volta che cade una bomba di acqua o le precipitazioni si prolungano, una fetta d’Italia paga salate conseguenze. Perché all’improvviso le alluvioni sono diventate il nostro tallone d’Achille? Si tende a far ricadere la colpa sugli stravolgimenti atmosferici, che saranno sempre più frequenti e accentuati nel loro manifestarsi, per cui dovremo fare i conti con periodi di gran secco e con estati da 40 e più gradi, ma anche con una sorta di stagione delle piogge, che si manifesteranno in forma piuttosto violenta. A Sansepolcro abbiamo avuto un “assaggio” il 1° e il 3 giugno scorsi: due nubifragi della durata di mezzora, ciascuno nel primo pomeriggio, con tanta acqua e chicchi di grandine, qualche scantinato allagato in maniera più consistente e tempesta che è cessata appena in tempo per non creare disagi di una certa gravità. L’estremizzazione dei fenomeni è un dato di fatto oramai acquisito e anche su questo versante l’uomo potrebbe avere le sue responsabilità, legate all’immissione di gas nell’atmosfera che di certo non migliorano il contesto generale. Un’aria meno pura, insomma, che non fa bene né alla salute né all’ambiente. Questa la prima pecca, che viene da lontano. Ora passiamo alla seconda: la grave assenza di manutenzione. Non si fa più manutenzione perché in primis non esistono più quei saggi contadini che in inverno facevano prevenzione con la pulizia dei fossi e delle canalette: operazioni che rientravano nel loro lavoro, ma che allo stesso tempo garantivano sicurezza al territorio in caso di piogge ripetute. Oggi questo non succede più e siccome sui social sono sempre tutti pronti a uscire in tempo reale, ecco le rassegne fotografiche che documentano strade e sottopassi allagati: con riferimento all’ambito prettamente locale, si nota benissimo come le enormi pozze che si sono formate sulle carreggiate siano il risultato del concetto appena espresso: se il fosso non viene liberato dall’erba, se la sua profondità era di un metro ma senza ripulitura diventa di 30 centimetri e se quindi l’alveo perde volume, è chiaro che poi l’acqua esondi, non trovando più il giusto spazio nel quale confluire. Ricordo che un tempo gli agricoltori tenevano in considerazione questo importante particolare, mentre adesso arrivano alle fossette e vi scaricano il terriccio: capite allora che di questi passi la disgrazia è persino cercata. Dai fossi di campagna alle forazze di città: anche in questo caso, se non si interviene periodicamente e si permette che in alcune vi spuntino addirittura i fiori, è chiaro che poi si creino disagi. Passiamo alla terza causa: la cementificazione selvaggia. O se non proprio selvaggia, incongruente con determinati contesti. Purtroppo – sono costretto a farlo presente – a questo mondo le regole sono in teoria uguali per tutti, ma poi in pratica si sa che non è così: accade allora che qualcuno imprechi per concessioni negate in ubicazioni regolari, come accade che a qualcuno venga dato l’ok per edificare sugli alvei dei fiumi. Se poi la natura si riprende il suo, non andiamo a piangere: ed è chiaro che se si pretende di sfidare la natura, la sconfitta è sicura. Nel vedere le immagini dell’Emilia Romagna, mi si è stretto il cuore, perché mi rendo conto cosa significhi arrivare a costruire un capannone con tanti sacrifici e vedersi rovinati in pochi minuti anni e anni di fatiche è senza dubbio ingiusto, però è pur vero che qualche immobile era stato edificato in un luogo a rischio. Stando almeno alle immagini. E allora? Passiamo a un’altra causa: il mancato dragaggio dei fiumi e la pulizia delle sponde, fra le levate di scudi degli ambientalisti e le multe dei carabinieri forestali. Non si possono abbassare i fondali, nemmeno se vi fosse una esigenza contingente originata proprio dalla necessità di prevenire i disastri, né però è autorizzata la ripulitura della vegetazione, anche a soggetti che lo farebbero volontariamente, senza cioè percepire alcun compenso. Anche di questi passi, i danni sono voluti, perché a determinati corsi d’acqua basta poco per gonfiarsi e per trascinare via rami che poi vanno a incagliarsi sotto i ponti e aggravano ulteriormente le conseguenze. Parlavo prima di cementificazione selvaggia, ma a questa anderebbero aggiunte altre situazioni: quelle per esempio di fiumi che scorrono dentro un letto più alto dei terreni e quindi più alto anche di case che si trovano nei pressi. Se pertanto si verifica una esondazione, la casa è la prima a essere bagnata dall’acqua. Mi pare che in Romagna anche questo fattore non sia stato tenuto nella dovuta considerazione. Concludendo: al di là della tendenziale accentuazione dei fenomeni atmosferici, si può e si deve fare qualcosa per scongiurare determinate situazioni: il progresso ci ha portato tante belle cose, esponendoci tuttavia a vere e proprie debolezze che ci consigliano di tornare ai vecchi tempi, quelli poveri di tecnologia ma ricchi di buon senso.
Punti di Vista
Imprenditore molto conosciuto, persona schietta e decisa, da sempre poco incline ai compromessi. Opera nel campo dell’arredamento, dell’immobiliare e della comunicazione. Ha rivestito importanti e prestigiosi incarichi all’interno di numerosi enti, consorzi e associazioni sia a livello locale che nazionale. Profondo conoscitore delle dinamiche politiche ed economiche, è abituato a mettere la faccia in tutto quello che lo coinvolge. Ama scrivere ed esprimere le sue idee in maniera trasparente. d.gambacci@saturnocomunicazione.it
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