Patrizio Pecorari, una vita come segretario della Coldiretti in Valtiberina va in pensione

"Ora il mio tempo libero lo dedicherò alla mia Inter"
Una vita lavorativa praticamente con la polo gialla addosso, (alternata con la maglia nerazzurra dell’Inter, di cui è tifosissimo) che ha visto l’evolversi di un settore di primaria importanza per la Valtiberina Toscana, con inevitabili interessi anche nel lato umbro bagnato dal fiume Tevere. Lo scorso 31 agosto è stato l’ultimo giorno lavorativo per Patrizio Pecorari, storico segretario della Valtiberina per quello che riguarda Coldiretti. Un punto di riferimento per molti agricoltori e allevatori della zona, con cui ha superato periodi difficili e altri più floridi, pur sempre con il massimo della professionalità. Quando ci accoglie nel suo ufficio, alla vigilia dell’ultimo giorno di lavoro, l’immagine è delle più classiche di un trasloco: scatoloni in cui sono custoditi ricordi di una vita lavorativa passata al fianco degli imprenditori della Valtiberina e due parole lasciate nel calendario dietro la scrivania. “The end” scritto con il pennarello nero nell’unico ed ultimo spazio bianco rimasto libero sotto la data del 31 agosto. E’ facile capire che “The end” tradotto in italiano sta ad indicare “fine”; fine di un impegno lavorativo che lo ha portato a conoscere tantissima gente, ma anche di crescere sia professionalmente che personalmente.
“Quando sono entrato nel settembre del 1986, vedevo il momento della pensione come una sorta di miraggio, un qualcosa che chissà tra quanti anni sarebbe arrivato – le parole di Patrizio Pecorari, mentre finisce di sistemare le ultime cose – ed invece oggi mi trovo a dire che quel momento è arrivato anche per me: confesso che fa un certo effetto questa cosa, seppure mi sia ripromesso che l’impegno nel mondo dell’associazionismo non verrà meno e che rimarrà anche legato alla Coldiretti”. E poi prosegue, raccontando il suo approdo nel mondo del lavoro. “Come detto, era il settembre del 1986, tramite la famosa legge 60 della Regione Toscana che prevedeva il ruolo del divulgatore agricolo: una sorta di figura tecnica al fianco delle aziende. Dopo un paio di anni, la Regione Toscana aveva previsto delle specializzazioni in questo ruolo, con un corso che per 6 mesi si è svolto a Foligno, per entrare ognuno in una associazione di categoria poiché fino a quel momento la nostra era una posizione piuttosto ibrida. Nel 1988, quindi, entro come tecnico all’interno di Coldiretti ed erano gli anni in cui nascevano le prime domande di contributo: mi occupavo di quello, in particolare di presentare le domande per le colture dei girasoli e del frumento duro. Erano un po’ i primordi della Pac che sarebbe nata più avanti, interessando tutte le colture in maniera ben più complessa. Sottolineo che il mio impegno lavorativo è sempre stato in Valtiberina. Nel 1996, però, l’allora segretario di zona della Coldiretti, Dante Comini, divenne direttore di Appotab e quindi fino al 2000 ho ricoperto un doppio ruolo: quello di tecnico e quello di segretario della Valtiberina; nello stesso anno, sono poi diventato anche agronomo e questa era una promessa che avevo fatto a mia madre, venuta a mancare pochi anni prima. Lei ci teneva a questa cosa, poiché di sette fratelli solo io ero quello laureato, in agraria: ho studiato all’Università di Firenze”. Patrizio Pecorari ha certamente avuto sempre il polso della situazione per quello che riguarda l’evoluzione del settore agricolo e zootecnico in Valtiberina. “Nel tempo, c’è stato un adeguamento ed un rinnovamento sia nelle tecniche che nella regolamentazione, dovuto anche ad un ricambio generazionale che - mi fa piacere dire – c’è in maniera marcata in questo lembo di Toscana. In Valtiberina, quando sono entrato, vi era un’agricoltura molto tradizionale - se posso utilizzare questo termine - mentre nel tempo si è specializzata, inserendo anche delle nuove colture. C’è stata poi una presa di coscienza nell’utilizzo dei prodotti e questo grazie anche alla Coldiretti, che ha guidato e affiancato i propri associati: regolamenti chiari, per esempio, sull’utilizzo di presidi fitosanitari e con finanziamenti per chi decide di fare un preciso tipo di agricoltura. Oggi la tecnologia sta dalla parte delle imprese, con strumentazione e applicazioni che sono in grado di monitorare, per esempio, le condizioni meteo indicando il giusto momento per l’utilizzo del prodotto, oppure metodi per prevenire l’attacco degli insetti. Nonostante tutto, le colture che vanno per la maggiore in Valtiberina sono il tabacco, il mais e i girasoli: c’è anche la presenza di ortaggi, seppure non possiamo di certo parlare di grandi estensioni. Situazione in fotocopia anche per quello che riguarda la zootecnia: sono diversi i giovani, anche in questo campo, che hanno deciso di portare avanti l’attività di famiglia. Qui in Valtiberina va per la maggiore la Chianina, che nel tempo è stata trasformata da razza prettamente da lavoro in razza da carne”. E Pecorari specifica un aspetto: “Quello che ho notato è che nell’ultimo periodo in riva al Tevere si sono sviluppati molti vigneti e oliveti, sia con impianti nuovi ma anche nel recupero di quelli esistenti; di conseguenza, sono nate piccole cantine e frantoi. Quello che manca in Valtiberina, però, sono delle vere e proprie denominazioni con Doc o Docg: al momento c’è solo l’Igt”. E l’invaso di Montedoglio come lo vede? “Una grande risorsa per l’intera Valtiberina, dico dal punto di vista agricolo ma non solo. Al piano, per esempio, i pozzi sono sempre a livello e non possiamo quindi assolutamente parlare di crisi idrica. Poi è ovvio che si sono anche tante altre questioni attorno a questo specchio d’acqua”. E i giovani? “C’è un bel gruppo, sia in Valtiberina che nella nostra provincia. Nel corso della mia esperienza, molti sono quelli che si sono avvicinati al mondo dell’agricoltura e dell’allevamento: hanno iniziato Badia Tedalda e Sestino ad avere un passaggio più marcato, poi esteso anche nelle altre zone della vallata. Ma se molti sono stati dei passaggi di testimone, tanti giovani hanno deciso di buttarsi in questo mondo senza alcuna esperienza alle spalle. Si sono presentanti nel mio ufficio ed in quello dei collaboratori e qui approfitto per dire che ho sempre avuto un ottimo rapporto con tutti, con idee chiare e progetti di sviluppo anche nel mondo degli agriturismo e in nuove trasformazioni dei prodotti. Ovvero, non solo nella vendita del prodotto principale, bensì nell’utilizzo di quel prodotto per poi fare dei vari trasformati, arrivando addirittura al mondo della cosmesi. Proprio per questo, sono arrivati anche tanti riconoscimenti a livello regionale, ma non solo, come per esempio gli ‘Oscar Green’. Tutto questo per dire che le aziende della Valtiberina si stanno sempre più diversificando, mantenendo sì quell’impronta tradizionale, affiancata però dalle nuove tecnologie”. Quindi possiamo dire a tutti gli effetti che la pensione è arrivata anche per Patrizio Pecorari, storico segretario della Valtiberina per Coldiretti. Il testimone è ora passato a Lorenzo Campus, ragazzo giovane ed intraprendente, originario del Casentino seppure ben inserito in Valtiberin,a dove tra l’altro si è diplomato all’istituto “Fanfani-Camaiti” di Pieve Santo Stefano. Ed ora la domanda è d’obbligo: cosa fa Patrizio Pecorari? “Questa in effetti è una bella domanda, ma non voglio svelare ancora più di tanto, seppure lo farò senza problema al momento giusto. Un abbozzo di programma c’è e rimarrò sempre nel mondo dell’associazionismo, legato alla Coldiretti, con cui ho trascorso praticamente l’intera mia vita lavorativa. Ah, dimenticavo un altro aspetto. La mia grande passione, la fede nerazzurra dell’Inter: ora avrò anche più tempo da dedicare al club, il Valtiberina Nerazzurra”.
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