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Inter Campione d'Italia: lo scudetto di Marotta e Inzaghi
La macchina da guerra costruita sul campo ha i suoi artefici sulla panchina e dietro la scrivania
Lo scudetto della seconda stella ha due firme che contano più delle altre. Quelle di Beppe Marotta e di Simone Inzaghi. Se l’ultimo campionato vinto dall’Inter prima di questo, nel 2021, aveva incorniciate soprattutto le fotografie di Conte e della Lu-La, il duo Lukaku e Lautaro, questa volta la macchina da guerra costruita sul campo ha i suoi artefici sulla panchina e dietro la scrivania. Sui miracoli che fa Marotta forse non basterebbe neanche scrivere un libro. Il calcio italiano ha sempre avuto nella sua storia questi maghi capaci di spostare gli equilibri e di creare gruppi vincenti, da Allodi fino a Marotta, passando anche per Moggi e Galliani, tutta gente che ha l’occhio lungo e i contatti giusti, condizione indispensabile per sapersi muovere con le necessarie alchimie in questo mondo difficile.
L’amministratore delegato dell’Inter è diverso dai suoi predecessori. Non è un talent scout, non ha fatto la sua gavetta pescando dei campioni in erba. E’ più un uomo di conti, perché quelli li sa fare benissimo. Ma è soprattutto un grande politico e un organizzatore, uno degli uomini più gentili ed educati che puoi incontrare nel pittoresco e un po’ volgare pianeta del nostro calcio. Senza il becco di un quattrino in tasca, affidandosi alla bravura di Ausilio, è riuscito a costruire la squadra più forte del campionato italiano, vendendo sempre a peso d’oro ogni estate qualche pezzo pregiato.
Ma il resto poi l’ha fatto Inzaghi. Perché si ha un bel dire che contano i giocatori più dell’allenatore. Oh certo, senza quelli buoni non si va da nessuna parte. Poi però ci vuole uno che sappia farli rendere al massimo dentro a un preciso impianto di gioco. L’esempio più evidente è quello di Calhanoglu, arrivato a parametro zero dal Milan: in nerazzurro sembra un altro giocatore, plasmato dal suo tecnico in un regista alla Pirlo, e diventato pure uno dei migliori al mondo. Inzaghi ha costruito una squadra che si difende pensando sempre ad attaccare grazie a un centrocampo che ha fosforo anche nei garretti. Ma tutti sembrano migliorati con Simone, a cominciare da Thuram, protagonista di una stagione eccellente, e per finire con Acerbi, che nessuno voleva all’Inter, giornalisti e tifosi. Che poi erano gli stessi che volevano cacciare Inzaghi l’anno scorso, prima che li portasse alla finale di Champions. Tanto per non dimenticare quelli che fanno sempre i maestri (così poco venerabili) nei mari tempestosi del web.
UNA SPONDA PER ZHANG
Ma siccome questo è lo scudetto che porta anche e soprattutto la firma dell’uomo dei conti, le buone notizie arrivano per forza su quel fronte. Una riguarda Zhang, ma forse non solo, perché l’Inter è ormai a un passo dal chiudere l’intesa con il fondo americano Pimco per un finanziamento da 400 milioni di euro, di durata triennale, in modo da liquidare le pendenze con Oaktree per la restituzione di un prestito di 375 milioni. Zhang così ha davanti un orizzonte più tranquillo, il che non esclude affatto la cessione della società a un membro della dinastia saudita Al Saud che ha il suo perno nel principe ereditario Mohammed bin Salman. Solo che adesso si può trattare da una posizione diversa, senza più l’acqua alla gola e la corda al collo. D’altro canto questo scudetto comincia a rendere abbastanza: 50 milioni subito e il resto da vedere. La nuova champions e il mondiale per club porteranno altri soldi, e poi c’è il discorso sullo stadio che comincia a prender forma. In fondo, è il giusto premio a un’annata trionfale. Dal 27 settembre 2023, giorno del ko col Sassuolo a San Siro, non c’è stata storia, con gli uomini di Inzaghi che sono andati avanti a un ritmo che pochi potevano immaginare. Un dominio assoluto, che ha nei suoi nuovi protagonisti, come Sommer e Marcus Thuram, la prova che non serve un mercato di grandi nomi o di ingaggi altisonanti per arrivare in alto. Marotta e Ausilio hanno consegnato a Inzaghi solo uomini giusti al posto giusto. Il risultato sportivo poi porta con sé importanti risvolti economici, perché le due cose sono strettamente legate fra di loro. Perché lavorare bene nel calcio non serve se non vinci.
QUANTO VALE QUESTO SCUDETTO
QuiFinanza ha fatto i conti in tasca allo scudetto numero venti dei nerazzurri. La Lega innanzitutto riconosce alla squadra che si aggiudica il titolo nazionale 23,4 milioni d’euro. A questi vanno aggiunti altri 10 milioni che la Uefa destina alle formazioni che conquistano lo scudetto in Italia. Ulteriori 5 sarebbero poi in arrivo dalle iniziative di marketing, per i guadagni con le maglie speciali e quelle «ricordo» che l’Inter ha già ideato, con la seconda stella sul petto, firmate dalla Nike. L’introito aggiuntivo delle sponsorizzazioni, come premio per il campionato vinto, è stimato da QuiFinanza in dodici milioni, soldi che dovrebbero arrIvare da Paramount+, eBay, U-Power, LeoVegas, eFootball e Konami. Totale: cinquanta milioni, euro più euro meno. La dimostrazione che vincere aiuta a vincere.
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