Opinionisti Maurizio Bragagni

La Repubblica è alla Fine?

Un confronto tra i tempi di Mario e Silla e l’attualità politica italiana

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L’articolo apparso oggi sul Corriere della Sera ci offre uno spunto inquietante per riflettere sullo stato della democrazia italiana. Matteo Renzi denuncia come una norma recentemente approvata – che vieta ai parlamentari di percepire compensi da enti che hanno rapporti economici con lo Stato – non sia soltanto una questione di redditi, ma di democrazia stessa. Questo richiamo all’incostituzionalità e alla potenziale erosione del sistema democratico evoca inevitabilmente scenari ben noti nella storia: i senatoconsulti ultimi dell’epoca della Repubblica Romana, che hanno segnato il declino irreversibile di un sistema apparentemente stabile.

I Senatoconsulti Ultimi: una democrazia sotto assedio

Nella tarda Repubblica Romana, i senatoconsulti ultimi rappresentavano misure straordinarie prese in momenti di crisi estrema. Questi decreti conferivano poteri speciali ai consoli – spesso sospendendo le normali garanzie legali – per salvaguardare la stabilità dello Stato. Tuttavia, questi strumenti, nati con intenti di difesa istituzionale, finirono per diventare armi nelle mani di personaggi ambiziosi come Mario e Silla, che sfruttarono il potere eccezionale per imporre la propria visione e consolidare il controllo personale.

I senatoconsulti ultimi non solo svelarono le debolezze del sistema repubblicano, ma prepararono il terreno per la fine della Repubblica stessa, aprendo le porte al potere personale e, infine, all’Impero.

Un parallelo con il presente?

Renzi definisce la nuova norma un attacco ai principi fondamentali della democrazia liberale. Pur in un contesto diverso, si potrebbe tracciare un parallelo con i senatoconsulti ultimi: entrambi segnano il punto in cui istituzioni formalmente democratiche adottano misure che, invece di proteggere la democrazia, la minano dall’interno. Oggi, non assistiamo a violenze armate come quelle di Mario e Silla, ma a uno scontro istituzionale in cui si rischia di comprimere i diritti fondamentali e il principio di separazione dei poteri

Ogni regola di Stato sui redditi rappresenta un attacco alla democrazia. Limitare l’autonomia economica dei rappresentanti eletti significa ridurre la loro indipendenza e, per estensione, la capacità di rappresentare i cittadini senza pressioni o condizionamenti. Il rischio non è soltanto un impoverimento delle istituzioni, ma la creazione di un clima di sfiducia e controllo che mina le fondamenta del sistema democratico.

La Repubblica è davvero alla fine?

Come al tempo di Mario e Silla, oggi ci troviamo di fronte a un sistema politico che mostra segni di affaticamento e crisi. Allora, la Repubblica Romana cedette il passo a un sistema imperiale che sacrificava la partecipazione politica per una promessa di stabilità e ordine. Oggi, l’Italia rischia di vedere la propria democrazia erosa da norme che sembrano andare contro i diritti dei rappresentanti eletti e, per estensione, del popolo.

La domanda da porci è: siamo disposti a sacrificare pezzi del nostro sistema democratico per ottenere una maggiore “trasparenza” o un’efficienza normativa? O stiamo, inconsapevolmente, aprendo la strada a un nuovo “Impero,” in cui le decisioni fondamentali sono prese da pochi, lontano dal controllo democratico?

Ogni volta che lo Stato decide di regolare i redditi dei parlamentari, introduce un principio estraneo a una democrazia liberale. I rappresentanti eletti devono essere indipendenti per svolgere il proprio ruolo, liberi da ogni forma di interferenza economica che potrebbe influenzare le loro decisioni. In questo contesto, la norma contestata da Renzi non è un semplice regolamento, ma una minaccia diretta al cuore della democrazia.

Forse non siamo ancora al punto di rottura, ma i segnali sono allarmanti. Se non vogliamo che la nostra democrazia segua lo stesso destino della Repubblica Romana, dobbiamo vigilare con attenzione. La storia, si sa, non si ripete mai esattamente, ma spesso offre lezioni preziose per chi è disposto ad ascoltarla.


 

Maurizio Bragagni
© Riproduzione riservata
30/12/2024 12:31:54

Maurizio Bragagni

Maurizio Bragagni è laureato in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Pisa, Master in Business Administration alla Cass Business School, City London University, specializzando a Cambridge in Sutainable Stategy ed Chartered Director of the Institute Director of London, Dottorato Honoris Causa in Economia Politica conferito dalla Bolton University. Il dottor Maurizio Bragagni è Visiting professor alla Bolton, Manchester University, in Leadership, ed è Honorary Senior Visiting Fellow of The Bayes Business School (formerly Cass), the City University of London in management. Maurizio Bragagni è sempre stato impegnato nel dialogo tra nazioni, e nel promuovere la Pace e l’uguaglianza tra le nazioni. Nel 2018 gli è stato conferito O.M.R.I., Cavaliere al Merito della Repubblica Italiano dal Presidente Mattarella, per aver aiutato il dialogo tra Italia e Regno Unito durante la Brexit. Nel 2021 è stato nominato Officer British Empire dalla Regina Elisabetta II (Elizabeth the Great), e nel 2022 la Repubblica di San Marino gli conferisce il Cavalierato col grado di Grand Ufficiale dell’Ordine di San Agata per aver aiutato la Repubblica durante la Pandemia del Covid (Awards). Il dottor Maurizio Bragagni è direttore della Tratos UK Ltd, Freeman della City, Fellow della Society of Leadership Fellows at St George’s House, Windsor Castle,e Fellow della The Royal Society for Arts, Manufactures and Commerce (RCA), presidente della Fondazione Esharelife con cui aiuta più di 3000 bambini, in maggioranza bambine e mussulmane ad uscire dalla povertà. Il dottor Maurizio Bragagni è autore di diversi libri From Roman Invasion to unshakable Bond: The Ango Italian Relationship: A Constant Renaissance, Brexit Business Better Britain, Insight to Hindsight.


Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.


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