Opinionisti Leonardo Magnani

Quando manca la base

Fondamentali le prossime elezioni europee

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Ci saranno tra pochi mesi le elezioni europee e già sentiamo le prime avvisaglie di campagna elettorale, ammesso che tutto quanto abbiamo sentito e visto negli scorsi mesi, non sia stata già una grande operazione per allettare elettori. La questione è seria perché mai come in questo frangente vediamo l’importanza di un’elezione che molto deciderà delle sorti del continente. Il fatto però sembra sfuggire al dibattito, perché di Europa si parla solo per accusarla, per volerla, a volte giustamente, cambiare, ma poco si sente dire il come. Le elezioni devono servire a dare un orizzonte valoriale, ma sembra manchi il fondamento. Il fallimento dell'Europa nella politica estera e migratoria è evidente. Il trattato di Dublino è follia pura, (quello che prevede che i migranti debbano permanere nel paese di prima accoglienza) ma quanti dicono di volerlo cambiare si alleano con i rappresentanti di quei paesi che hanno chiuso non solo le frontiere, ma addirittura ogni ipotesi di redistribuzione dei migranti e profughi che arrivano nelle coste europee di Italia, Grecia e Spagna. La politica migratoria è del resto uno dei segnali che fa vedere se esiste unità in un contesto così ampio di paesi. Con la direzione di Barroso, la Commissione Europea ha cessato un orizzonte condiviso, ha accettato veti dei paesi più grandi e anche di quelli più piccoli, ha dimenticato la comune politica sociale che deve accompagnare quella economica. Insomma, ha evitato di affrontare la questione dell’unione politica dell’Europa arrivando a una sorta di condominio dove ognuno desidera fare quello che vuole, dove prevalgono egoismi e dove l’idea di Stati Uniti d’Europa, che fu l’orizzonte dei padri costituenti, è colpevolmente dimenticata. Ora c’è bisogno di qualcuno che dica come vuol cambiare questa Europa: non basta dire così non va bene, è necessario spiegare in quale direzione vogliamo andare. C’è bisogno di un fondamento etico, comportamentale, una base che ci dia il senso dello stare insieme, che doni il dna al continente europeo, che ricordi lo spirito che deve tenere insieme le tante nazioni e il mezzo miliardo di persone che in Europa vivono. Chi arriva in Europa deve sapere quali sono i valori di riferimento, se manca questa conoscenza, non si perde l’aspetto politico, si perde l’anima dell’Europa; a questo punto diventano superflui tutti i nostri discorsi e le nostre politiche. Se un continente intero, per i suoi egoismi e le sue indecisioni, lascia per giorni, 47 persone in balia delle onde nel mar mediterraneo, ci accorgiamo che non stiamo facendo una scelta, ma stiamo svendendo al miglior offerente la nostra anima e soprattutto la nostra dignità. Se non c’è una politica comune su quest’aspetto, che è essenziale perché è come deve mostrarsi un ricco continente all’esterno, se non c’è una visione di lungo corso per lo sviluppo dell’Africa che permetta a migliaia di persone di evitare viaggi della speranza che il più delle volte finiscono in tragedia, se non c’è umanità che non viene espressa davanti alla disperazione di quanti sono in Europa (migranti o altro), o di quanti vengono, sarà inutile ogni elezione europea.

Sciascia parlava di professionisti dell’antimafia per indicare coloro i quali avevano bisogno della mafia per dare un senso alle loro posizioni politiche, stiamo vivendo in Italia e non solo, una stagione che vede in azione i professionisti dell’anti immigrazione a prescindere, che veicolano la paura del diverso, magari volutamente lasciato a sé stesso per strada, per dare un senso alla loro lotta politica e per dire semplicemente, io sono qua. Quando vediamo gli effetti di allontanamenti e chiusure di centri di accoglienza, per portare i migranti in altre zone del medesimo paese, senza una casa o un punto di riferimento, togliendoli da scuole dove era in atto un processo di unione con le comunità locali, il dubbio viene.  Quando allontaniamo verso destinazioni ignote, magari con un solo giorno di preavviso persone come Hatice, una ragazza scappata dalla Turchia con i suoi bambini che già avevano iniziato a studiare l’italiano impedendo loro di salutare persino la maestra, o Blessing, una ragazza nigeriana con prole che ha patito il dramma della prostituzione, o Oussuma, un oppositore politico egiziano, o Piner e Homer curdi che con i propri figli piccoli hanno subito le discriminazioni etniche, siamo sicuri di sentirci più tranquilli, siamo sicuri di essere più sovrani, siamo certi di aver protetto la nostra società, di aver manifestato ciò che l’Europa deve essere?  Esiste una cecità ideologica alla quale va dato un segno contrario. C’è bisogno di affrontare e governare un fenomeno che è strutturale: è da affrontare con politiche di accoglienza serie e strutturate, è da affrontare con politiche economiche nei paesi di provenienza. Qualcuno ha parlato di Piano Marshall per l’Africa. Può essere una soluzione.

Ma se invece si avesse paura di rendere all’Africa ciò che le appartiene, perché il costo derivante risulterebbe superiore a quello che paghiamo per accogliere, alla meno peggio, quanti fuggono da un continente depredato e comprato dalle economie occidentali? Qualcuno potrebbe pensare che sia meglio che il problema permanga. Che tutto rimanga uguale. Così facendo avremo materie prime a basso costo, ritorni economici enormi e la rabbia di quanti pagano i costi dell’immigrazione, canalizzata verso gli immigrati, una lotta tra poveri, una paura che crea odio e sospetto,  un nemico preconfezionato e un inevitabile successo elettorale.

I professionisti dell’anti immigrazione a prescindere, hanno così il loro programma e una vittoria già in tasca che rischia di essere presupposto di problemi più grandi che dovremo affrontare a breve e con costi economici e sociali ben più cospicui e reali. Una politica seria dovrebbe al contrario pensare a risolvere i problemi alla radice anziché fomentarli per avere un successo immediato per quanto effimero.

Leonardo Magnani
© Riproduzione riservata
04/02/2019 10:29:39

Leonardo Magnani

Leonardo Magnani è nato e vive a Sansepolcro. E’ laureato in filosofia e in scienze religiose. Insegnante di professione, da anni collabora con l’Associazione Cultura della Pace e si interessa di mediazione dei conflitti e di nonviolenza.


Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non coinvolgono in nessun modo la testata per cui collabora.


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