Le mani dei clan catanesi sulle scommesse online illegali
Misure restrittive per 23 persone e 336 persone indagate
Non ci sono solo droga ed estorsioni negli affari della cosca mafiosa dei Santapaola-Ercolano. Lo «certifica» un’inchiesta coordinata dalla Dda di Catania e condotta dallo Scico della Guardia di finanza e dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della Finanza di Catania, che nella notte ha portato in carcere 12 persone e ne ha poste ai domiciliari altre due, in un’ordinanza emessa dal gip di Catania che vede in tutto 23 persone coinvolte: le altre nove hanno avuto la misura interdittiva dell’esercizio dell’attività commerciale. Nel complesso, però, sono 336 le persone indagate, come ha fatto sapere la Guardia di finanza di Catania.
L’inchiesta «Doppio gioco» è partita da una segnalazione di operazione sospetta ed è stata condotta non solo in Italia, tra Sicilia, Puglia e Emilia Romagna, ma anche in Germania, Polonia e Malta. Le accuse sono, a vario titolo, di esercizio abusivo di gioco e scommesse, evasione fiscale, truffa aggravata, autoriciclaggio, condotte aggravate dalla finalità di favorire gli interessi dell’associazione di tipo mafioso «Santapaola-Ercolano». Perché il business su cui la parte della famiglia catanese di Cosa nostra che fa capo ai Placenti (due, i fratelli Carmelo e Giuseppe Gabriele sono tra gli arrestati) era quello delle scommesse clandestine, online e «di presenza». C’era un portale web apposito registrato a Malta, «Raisebet24.com» che, per l’appunto, rastrellava denaro; e poi c’erano le scommesse «da banco» che, secondo gli investigatori, era in realtà la parte più consistente dell’attività perché le puntate avvenivano di presenza e pagate in contanti, attraverso una rete di agenzie sul territorio nazionale che erano collegate al portale web e utilizzate dunque come centri di trasmissione dati. Il contante veniva poi portato, in auto o in aereo, in Polonia e da lì trasferito a Malta, o direttamente via catamarano a Malta; di questo «lavoro» si occupavano due degli indagati, Ignazio Russo, arrestato, e Antonio Di Marzo, ai domiciliari.
Secondo la procura antimafia di Catania, «l’analisi dell’operatività del sito internet ha permesso di evidenziare che il totale della raccolta delle scommesse è stata pari a 32 milioni di euro, mentre la società maltese, che in realtà ha operato come stabile organizzazione sul territorio nazionale, ha evaso le imposte sui redditi per oltre 30 milioni di euro». Un giro d’affari enorme, con conseguente riciclaggio delle somme: «Gli importi delle scommesse, raccolte dalle varie agenzie sul territorio nazionale, e i proventi dell’evasione, complessivamente pari a oltre 62 milioni di euro - spiega la Dda catanese - sono poi affluiti nei conti della società maltese e, da lì, ulteriormente riciclati nell’acquisito di terreni, fabbricati, società in Italia (Puglia ed Emilia-Romagna) e in Germania».
E’ stato anche disposto il sequestro preventivo di conti correnti e disponibilità finanziarie per più di 80 milioni di euro: 62 milioni erano su conti correnti in Italia, Malta e Polonia; il resto sono fabbricati in Emilia Romagna e Puglia e una società che opera in Germania nell’ambito della ristorazione. I finanzieri di Catania, durante le perquisizioni, hanno anche trovato 180 mila euro nascosti nel vano sotto la leva del freno a mano di un’auto pronta a imbarcarsi per Malta.
Durante l’indagine, che gli investigatori definiscono «gemella» di quella «Revolution bet» del 2018 che vide coinvolti anche in quel caso Carmelo e Giuseppe Gabriele Placenti, si è scoperto che i due fratelli avevano trasmesso la loro esperienza e i loro metodi organizzativi nel mondo oscuro delle scommesse clandestine online anche a Francesco Guttadauro, nipote del superlatitante Matteo Messina Denaro, che così aveva «esportato» l’attività del gioco illegale anche nella Sicilia occidentale.
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